venerdì 25 gennaio 2013

SVILUPPO TURISMO: PIANO STRATEGICO 2013

Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo in Italia fino al 2020 presentato dal Ministro per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport in data 18 gennaio 2013

In data 18 gennaio 2013 il Ministro per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, Piero Gnudi, ha presentato in Consiglio dei Ministri un Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo in Italia fino al 2020.
La premessa di tale Piano è che, siccome"negli ultimi dieci anni uno dei settori economici che ha avuto la crescita maggiore a livello mondiale è il turismo", e siccome "il contributo del turismo al prodotto interno lordo dell'Italia ammonta ad oltre 130 miliardi di euro (circa il 9% della produzione nazionale)", è giunto il momento di "considerare i turismo come una grande opportunità per il Paese".
Segue una approfondita analisi economica del settore in cui si mette in evidenza, tra l'altro, che:
- "Il turismo internazionale sta attraversando un trend di crescita deciso, costante e di lungo periodo. Questa evidenza è in atto già a partire dal 1980 e si attende che la crescita sarà sostenuta anche nel prossimo ventennio";
- "Il turismo costituisce l'unico settore dove l'Italia ha un vantaggio competitivo forte e durevole nel tempo";
- "Per il periodo 2010-2020 la crescita attesa del turismo internazionale nel mercato di riferimento dell'Italia è pari al 2,9% annuo in termini di numero di viaggiatori e pari al 4,8% annuo in termini di spesa. E'' rilevante osservare come circa la metà di questa crescita in termini di spesa dovrebbe riguardare i viaggiatori a medio-lungo raggio e quindi dalle geografie emergenti (in particolare dai Paesi BRIC e del Golfo)";
- "L'Italia è solo terza nel suo bacino di riferimento, con una quota di mercato dei viaggiatori internazionali pari all'11% (a cui corrispondono circa 44 milioni di viaggiatori), dietro a Francia (quota del 19%) e Spagna (quota del 13%)";
- "... il prodotto turistico di maggiore attrazione per gli stranieri sono le città d'arte, vero e proprio magnete globale dell'offerta turistica italiana";
- "... cinque Regioni (Veneto, Trentino, Alto Adige, Toscana e Lombardia) sviluppano da sole circa il 70% delle notti straniere. Questo dipende dal fatto che tali Regioni offrono i prodott più forti del nostro Paese: le quattro Città Top (Roma, Venezia, Firenze e Milano), il lago di Garda e le Dolomiti";
- "il prodotto mare dell'Italia è in forte crisi per la scarsa attrattività che questo nutre verso il turismo internazionale".
Il Piano prosegue, poi, illustrando quelle che sono le criticità del settore turismo.
In particolare: la mancanza di una governance centrale e forte; inadeguatezza di molte strutture ricettive (troppo piccole e/o obsolete); disomogeneità tra i sistemi di rating degli hotel; debolezza sul piano delle infrastrutture; calo della professionalità degli operatori del settore.
Infine, vengono illustrate le azioni che si intende intraprendere per lo sviluppo del turismo stimando che possano tradursi in "circa 30 miliardi di euro di incremento del PIL e in 500.000 nuovi posti di lavoro entro il 2020".
A mero titolo esemplificativo, si indicano le seguenti azioni strategiche:
- "modificare il titolo V della Costituzione facendo rientrare il Turismo tra le materie a legislazione concorrente tra Stato e Regioni/Province Autonome";
- "istituire un Ministero del Turismo con portafoglio";
- "estendere la mission dell'Agenzia Nazionale del Turismo alla promo-commercializzazione in raccordo con le Regioni";
- "migliorare il flusso turistico nelle 4 Città Top sostenendo la creazione e promozione di un calendario di eventi che dia ragioni al turista per visitare una località durante l'arco dell'anno; e valutando la possibilità di introdurre misure volte al contenimento selettivo dei flussi in determinate località (ad es. soglia di visitatori massima con ticket all'ingresso)";
- "rafforzare gli itinerari dello shopping (focus su 4 Città Top e aree limitrofe)";
- "incentivare l'aggregazione ed il consolidamento delle strutture turistiche";
- "supportare la riqualifica del ricettivo concedendo la possibilità di rottamare le strutture";
- "colmare il gap di collegamento su Firenze per europei corto raggio: non ci sono voli diretti e i tempi di trasferimento da aereoporti vicini sono troppo elevati per un weekend (potenziare collegamento con Bologna, grazie all'alta velocità)";
- "burocrazia zero per le uove imprese nel settore turistico".




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venerdì 18 gennaio 2013

DIPENDENTI PUBBLICI: DIRITTO AL MANTENIMENTO DEL TRATTAMENTO ECONOMICO

Dipendenti della Pubblica Amministrazione: diritto dei lavoratori al mantenimento del trattamento economico

Capita più frequentemente di quanto si potrebbe immaginare che la Pubblica Amministrazione maturi il convincimento di aver erogato ai propri dipendenti somme maggiori di quelle dovute in base ad una asseritamente corretta lettura dei contratti collettivi, e che la stessa smetta di erogare elementi retributivi precedentemente erogati o, addirittura, proceda al recupero dal maggior importo indebitamente corrisposto in precedenza, generalmente operando delle trattenute nelle buste paga successive.
Ma è legittimo?
Una recente pronuncia del Giudice del Lavoro di Siena (pubblicata in data 13 gennaio 2012) ha ritenuto di no.
Il caso posto all'attenzione del Giudice aveva ad oggetto l'inattesa sospensione del trattamento economico integrativo disposta dall'Università degli Studi di Siena nei confronti di alcuni suoi dipendenti, in ragione della riscontrata assenza di copertura finanziaria, sorprendentemente emersa solo dopo che, per diversi anni, tale trattamento era stato costantemente corrisposto.
Ebbene, la sentenza citata, innanzitutto, ha ribadito il principio, abbastanza consolidato in giurisprudenza, secondo il quale, in casi del genere, la Pubblica Amministrazione non ha un potere di autotutela e, quindi, non può agire in via diretta, unilaterale e coercitiva, bensì è tenuta, prima di sospendere la corresponsione del trattamento economico ritenuto non dovuto, o di procedere al recupero delle somme che ritiene di aver indebitamente corrisposto in passato, ad ottenere presso l'autorità giudiziaria competente un accertamento dell'effettiva nullità delle clausole contrattuali in applicazione delle quali dette somme in precedenza sono state erogate.
E, dunque, in sostanza, tanto per cominciare ha ritenuto illegittimo qualsiasi modus operandi che ometta un preventivo accertamento in sede giudiziale.
Dopodichè, ha ritenuto che la sospensione del trattamento economico integrativo fosse addirittura in sè e per sè infondata, senza che potesse attribuirsi alcun rilievo al fatto, peraltro pacifico nel caso di specie, della nullità delle norme contrattuali contenenti la previsione del medesimo trattamento economico.
In altri termini, pur essendo pacifica la nullità del contratto integrativo fondante il trattamento economico corrisposto, il Giudice ha comunque ritenuto che i lavoratori avessero il diritto al mantenimento del medesimo trattamento, pena una violazione del principio di buona fede e di affidamento incolpevole, del principio di irriducibilità del trattamento economico in godimento, nonchè del principio in forza del quale nemmeno la nullità dello stesso contratto di lavoro produce effetto per il periodo in cui il rapporto lavorativo ha avuto esecuzione.

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sabato 12 gennaio 2013

RESPONSABILITA' TOUR OPERATOR E AGENZIA VIAGGI

Acquisto di un pacchetto turistico: assunzione da parte sia dell'organizzatore del viaggio che del venditore di una obbligazione di risultato - organizzatore e venditore sono responsabili dei danni causati al turista da terzi cui si siano affidati per l'esecuzione dei servizi inclusi nel pacchetto

Qual è la responsabilità che si assumono l'organizzatore ed il venditore di un pacchetto turistico? E, in particolare, se il turista/viaggiatore riporta un danno per un comportamento colposo di uno dei soggetti terzi cui è stato affidato il compito di eseguire materialmente un servizio incluso nel pacchetto, l'organizzatore ed il venditore ne rispondono?
Sono questi i quesiti cui ha risposto recentissimamente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22619 del 11 dicembre 2012, con riferimento al seguente caso concreto: una donna acquista presso una agenzia di viaggi un pacchetto turistico, organizzato da un noto tour operator, avente come destinazione l'India; l'aereo che avrebbe dovuto compiere il trasferimento interno da Udaipur a Nuova Delhi, a causa della nebbia, è costretto ad atterrare a Jaipur; il tour operator offre la scelta fra un pernottamento a Jaipur o un immediato trasferimento alla destinazione programmata (Nuova Delhi) in taxi; la viaggiatrice sceglie questa seconda opzione; il viaggio in taxi si rivela però un'autentica disavventura perchè le condizioni meteo non sono buone ed il guidatore è piuttosto spericolato, tanto che alla fine si verifica un incidente e la turista riporta dei danni.
Il caso, dunque, è emblematicamente quello di danni riportati da un viaggiatore a causa di un comportamento colposo del soggetto cui l'organizzatore del pacchetto turistico ha affidato l'esecuzione del servizio (nella fattispecie il servizio di trasferimento in taxi).
Ebbene, con riferimento a casi quale quello in oggetto, la Corte ha enunciato i seguenti principi di diritto:
"... l'organizzatore ed il venditore di pacchetti turistici, la cui rispettiva obbligazione è senz'altro di risultato (vedi Cass. 3.12.2009 n. 25396; Cass. 9.11.2004 n. 21343) sono tenuti all'adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura della rispettiva attività esercitata, volto all'adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell'interesse creditorio del turista-consumatore di pacchetti turistici, nonchè ad evitare possibili eventi dannosi.
In caso di mancato o inesatto adempimento delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico o package, sono pertanto tenuti a dare la prova che il risultato anomalo o anormale rispetto al convenuto esito della propria prestazione professionale, e quindi dello scostamento da una legge di regolarità causale fondata sull'esperienza, dipende da fatto ad essi non imputabile, in quanto non ascrivibile alla condotta mantenuta in conformità alla diligenza dovuta, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreo.".
Ed ancora:
"... l'organizzatore ed il venditore di pacchetti turistici sono tenuti a risarcire qualsiasi danno subito dal consumatore a causa della fruizione del pacchetto turistico, anche se la responsabilità sia ascrivibile esclusivamente ad altro prestatore di servizi, salvo il diritto di rivalersi nei confronti di costui ...".

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venerdì 11 gennaio 2013

CONCORSI: PUO' IMPUGNARE IL BANDO SOLO CHI HA PRESENTATO DOMANDA

Concorsi pubblici: quando il bando contiene una clausola di per sè ostativa alla partecipazione dell'interessato questi, per radicare il proprio interesse all'eventuale successiva impugnazione, ha comunque l'onere di presentare la domanda di partecipazione

Poniamo il caso che una Pubblica Amministrazione bandisca un concorso pubblico per nuove assunzioni, e poniamo, altresì, che il bando contenga una clausola che, di per sè, sia ostativa alla partecipazione dell'interessato (ad esempio: è prevista la possibilità di partecipare solo per coloro che non abbiano superato un certo limite massimo di età, come frequentemente accade nelle assunzioni presso le forze armate, e l'interessato invece l'ha già superato), quest'ultimo, se non vuole precludersi la possibilità di impugnare il bando, come si deve comportare? Deve comunque presentare domanda di partecipazione nei modi e termini indicati, ed attendere l'inevitabile comunicazione di esplicita esclusione? Oppure, può farne a meno.
Capita frequentemente che, in casi del genere, il comune buon senso induca gli interessati a ritenere superflua la presentazione della domanda di partecipazione, tuttavia, così non è per la giurisprudenza prevalente, cosicchè spesso per questo motivo si perde la possibilità di impugnare il bando con evidente grande rammarico.
Infatti, premesso che ai sensi dell'art. 63 del D. Lgs. n. 165/2001 (Testo Unico sul lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), tutte le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono devolute alla giurisdizione dei Giudici Amministrativi (Tar e Consiglio di Stato), secondo il fermo orientamento di tali Giudici "la presentazione della domanda è un atto normalmente necessario per radicare l'interesse alla impugnazione del bando" (cfr. Cons. di Stato Sez. V, 21 novembre 2011 n. 6135; Cons. di Stato sez. VI, 18 settembre 2009 n. 5626).
Dunque, a fronte di un bando di concorso contenente una clausola di per sè ostativa alla partecipazione dell'interessato, quest'ultimo ha comunque l'onere di presentare la domanda di partecipazione nei tempi e nei modi indicati dal medesimo bando, e di farsi escludere esplicitamente dall'amministrazione, altrimenti, qualora successivamente presentasse ricorso per impugnare il bando, con ogni probabilità, se lo vedrebbe dichiarare inammissibile per carenza di interesse.

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mercoledì 9 gennaio 2013

DIRITTO ALLA RESTITUZIONE DEL PREZZO DEL VIAGGIO


Acquisto di un pacchetto turistico "tutto compreso" o "all inclusive": impossibilità oggettiva sopravvenuta, non imputabile all'acquirente, della finalità turistica perseguita (quale che sia: culturale o di svago/relax) - risoluzione del contratto con obbligo di restituzione del prezzo da parte del venditore (tour operator o agenzia di viaggi) 

I motivi che inducono a viaggiare sono, come tutti sanno, i più diversi.
A mero titolo di esempio: il desiderio di allontanarsi dall'ambiente di lavoro, di riposarsi, di fare esperienze di carattere culturale o di altra natura, di dimenticare un dispiacere, di superare la rottura di una relazone affettiva, etc. ...
Ebbene, è pacifico che tutti questi motivi sono del tutto irrilevanti sul piano giuridico e, dunque, in alcun modo incidono sul contenuto e gli effetti di un contratto di viaggio.
E quindi, ad esempio, se una persona si determina ad acquistare un viaggio ad esempio per dimenticare la recente rottura con il fidanzato e, poi, prima della partenza, si riconcilia con il fidanzato e non ha più alcun interesse a partire, non potrà per ciò solo avere diritto alla risoluzione del contratto con restituzione del prezzo già corrisposto.
Quale che sia il motivo che induce una persona all'acquisto di un viaggio, la stessa persegue però sempre e comunque una finalità turistica, ovvero di svago/relax oppure di carattere culturale in senso ampio, e tale finalità, a differenze dei motivi suddetti, è invece tutt'altro che irrilevante sul piano giuridico.
Infatti, secondo l'orientamento giurisprudenziale che si va consolidando, la specifica finalità turistica perseguita al momento dell'acquisto di un pacchetto turistico "tutto compreso", quale ad esempio la voglia di rilassarsi, oppure quella di fare immersioni subacquee, entra a far parte della stessa causa del contratto di viaggio, cosicchè, qualora tale finalità, prima della partenza, divenga oggettivamente impossibile  per causa non imputabile al venditore, quest'ultimo deve ritenersi tenuto alla restituzione del prezzo in virtù della risoluzione del contratto.
La prima sentenza che ha affermato tale principio di diritto è stata la n. 16315 del 24 luglio 2007 della Suprema Corte di Cassazione con riferimento al seguente caso: due uomini avevano acquistato presso una agenzia di viaggi un pacchetto turistico "tutto compreso" avente ad oggetto  un soggiorno presso l'isola di Cuba; una volta concluso il contratto di viaggio e pagato il prezzo, ma prima della partenza, giunge la notizia della presenza nell'isola di Cuba di un focolaio endemico non ancora debellato di una malattia infettiva potenzialmente letale (dengue emorragico); la preoccupazione per la presenza di tale epidemia induce gli acquirenti a non partire.
In questo caso, appunto, la Corte ha ritenuto che, per motivi oggettivi sopravvenuti ed in alcun modo imputabili al venditore, fosse diventato impossibile per gli acquirenti conseguire la finalità turistica che li aveva determinati ad acquistare il viaggio, ovvero passare due settimane in assoluto relax, stante la inevitabile ed immanente preoccupazione legata alla diffusine di detta grave malattia.
Lo stesso principio è poi stato ribadito dalla stessa Corte con riferimento al seguente altro caso (sent. n. 4372 del 20 marzo 2012): una coppia aveva acquistato presso una agenzia di viaggi un pacchetto turistico "tutto compreso", avente ad oggetto un soggiorno presso l'isola di Creta, comprensivo della possibilità di fare immersioni subacquee; una volta concluso il contratto di viaggio e pagato il prezzo, ma prima della partenza, giunge la notizia che le Autorità dell'isola hanno vietato la possibilità di fare immersioni fino a data successiva a quella prevista per il rientro nel viaggio in oggetto; gli acquirenti rinunciano a partire perchè la possibilità di fare immersioni era ciò che li aveva determinati a comprare il pacchetto.
Anche in questo caso agli acquirenti è stato riconosciuto il diritto alla restituzione del prezzo perchè il sopravvenuto divieto di immersioni è stato rienuto oggettivamente impeditivo della specifica finalità turistica da loro ab initio perseguita.  
Benche' la giurisprudenza richiamata abbia riconosciuto in simili casi il diritto degli acquirenti alla restituzione del prezzo già corrisposto, tuttavia, ha anche costantemente osservato che tale diritto è subordinato al fatto che gli acquirenti, in ossequio al generale principio di correttezza contrattuale, abbiano dato tempestivo avviso al venditore di non avere più interesse alla prestazione, pena, altrimenti, l'obbligo di risarcire al venditore gli eventuali danni subiti.

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RESPONSABILITA' AGENZIA VIAGGI PER CAMBI DI PROGRAMMA

Acquisto di un pacchetto turistico comprensivo di volo intercontinentale - modifica dell'aereoporto di destinazione in andata a causa di maltempo (passaggio di uragano) - esclusa responsabilità agenzia di viaggi

Può capitare che, in ragione di imprevedibili condizioni di maltempo, a ridosso della partenza per un viaggio, l'agenzia debba proporre ai clienti soluzioni alternative rispetto agli accordi già presi.
Ad esempio, nel caso preso in esame dal Tribunale di Milano con sentenza n. 2283 del 17 febbraio 2011, si trattava di una coppia che aveva acquistato un pacchetto turistico in agenzia di viaggi comprensivo del volo intercontinentale per Cuba; che aveva scelto, come aereoporto di destinazione all'andata, l'aereoporto di Cayo Largo; e che, prima della partenza, si era vista comunicare dall'agenzia la necesità di preferire come aereoporto di destinazione quello di Holguin (sempre sull'isola di Cuba), in ragione del possibile passaggio nella zona di Cayo Largo dell'uragano "Michelle".
Con la sentenza citata, il Tribunale di Milano ha dunque dovuto decidere se, a fronte di una simile proposta di modifica del contratto di viaggio già concluso, gli acquirenti/viaggiatori abbiano o meno il diritto di rifiutarla, e di chiedere la restituzione del prezzo già corrisposto alla agenzia di viaggi.
Nella fattispecie, la sussistenza di tale diritto è stata esclusa con la seguente motivazione:
"La variazione proposta dalla convenuta non incide su un elemento significativo del viaggio non comportando una sostanziale variazione sul programma del viaggio.
Infatti, la variazione proposta comporta solo una modifica nel viaggio per raggiungere la località prescelta con lo spostamento dell'aereoporto di destinazione e trasferimento da lì alla località prescelta via superficiale e può cagionare solamente un aumento della durata del viaggio di alcune ore.
L'aumento della durata del viaggio di alcune ore ed il corrispondente ritardato arrivo a destinazione non è certamente significativa e non determina modifiche significative di elementi essenziali del viaggio lasciando pressochè inalterata la durata del soggiorno (una variazione di alcune ore su una settimana non può certo ritenersi significativa), e non comporta modifiche agli altri elementi essenziali del viaggio.
Si deve anche rilevare che la variazione è stata determinata da un evento imprevedibile al momento della conclusione del contratto e totalmente indipendente dalla volontà umana quale è appunto l'uragano.
La modifica dell'aereoporto di destinazione non costituisce una variazione significativa del contratto in quanto non può aver pregiudicato il godimento di quanto contrattualmente previsto. Infatti, l'arrivo in un diverso aereoporto, comunque sempre nell'isola di Cuba,  avrebbe comportato per gli attori un allungamento del tempo del trasporto di meno di dieci ore che per un trasferimento intercontinentale non costituisce variazione significativa non determinando un'apprezabile riduzione e/o modifica della prestazione oggetto del contratto (soggiorno di 7 notti a Cuba)".

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RISARCIMENTO DANNO DA VACANZA ROVINATA: CANCELLATO VOLO PER MALTEMPO

Acquisto di un pacchetto turistico volo + hotel - annullamento del volo da parte del vettore aereo per maltempo - danno da vacanza rovinata - responsabilità della agenzia di viaggi

Il Tribunale di Milano ha recentemente attribuito la responsabilità per la vacanza rovinata alla agenzia di viaggi con riferimento ad un caso abbastanza frequente e, quindi, particolarmente interessante (sentenza n. 14418 del 16 dicembre 2010).
Il caso è il seguente: una coppia ha acquistato in agenzia un pacchetto turistico comprensivo di volo andata/ritorno sulla tratta Milano-Parigi, e di soggiorno in hotel a Parigi per 4 notti a cavallo dell'ultimo dell'anno; il giorno stesso dell'acquisto, a poche ore di distanza, i due si presentano per l'imbarco al chek-in dell'aereoporto; il volo però viene cancellato dal vettore aereo (Air France) a causa del maltempo sullo scalo di destinazine (neve su Parigi).
Il Tribunale di Milano ha ritenuto che agli acquirenti/turisti dovessero essere riconosciuti i seguenti diritto a norma del Codice del Consumo:
"... applicabilità del dettato dell'art. 92 del Codice del Consumo che prevede specifiche garanzie e protezioni a favore del consumatore, nel caso di recesso o annullamento del servizio. In particolare il consumatore, in caso di annullamento del pacchetto turistico, ha diritto, in via alternativa, a usufruire di altro pacchetto turistico di qualità equivalente o superiore senza supplemento di prezzo, oppure di un pacchetto turistico qualitativamente inferiore previa restituzione della differenza del prezzo, oppure al rimborso, entro sette giorni lavorativi dal momento del recesso o dalla cancellazione, della somma di denaro già corrisposta.
L'art. 93 del Codice del Consumo prevede, in ogni caso, e fermi restando gli obblighi di cui all'art. 92, in caso di inesatto o mancato adempimento degli obblighi contrattuali, la responsabilità dell'organizzatore e del venditore per il risarcimento del danno patito dal viaggiatore, anche qualora l'inadempimento del tour operator sia dipeso a sua volta dall'inadempimento del prestatore di servizi di cui l'organizzatore si si avvalso nell'esecuzione del contratto di viaggio".
Ma non solo.
Il medesimo Tribunale ha ritenuto che in caso di annullamento del volo per neve, in località e in periodo dell'anno quali quelli di specie (a Parigi, a fine dicembre - inizi gennaio), non potesse esser legittimamente invocate dalla agenzia di viaggi la forza maggiore o il caso fortuito che, ai sensi dell'art. 96 del Codice del Consumo, sono idonee ad escludere la responsabilità del venditore del pacchetto turistico: "...non può considerarsi caso di forza maggiore o caso fortuito il verificarsi di una forte nevicata alla fine di dicembre nel nord della Francia in quanto ampiamente prevedibile" (tanto più che nella fattispecie il pacchetto era stato venduto poche ore prima della partenza).
La sentenza in esame ha dunque ritenuto sussistente la responsabilità della agenzia d viaggi condannandola anche al risarcimento del danno da vacanza rovinata:
"Quanto all'ulteriore somma richiesta dagli attori per il risarcimento del danno da vacanza rovinata, per giurisprudenza ormai consolidata sia di merito che di legittimità (con l'autorevole avallo della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, decisione 12 marzo 2002 n. 168) tale danno può farsi rientrare nella previsione dell'art. 92 comma 2 del D. Lgs. 206/2005; esso può essere descritto come quel pregiudizio che si sostanzia nel disagio e nella afflizione subiti dal turista-viaggiatore per non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago e/o di riposo (ex multis, Trib. Milano 4 giugno 1998, Trib. Bari 8 agosto 2000; Trib. Treviso 14 gennaio 2002; Trib. Milano 7 febbraio 2002; Trib. Napoli 26 febbraio 2003; Trib. Verbania 23 aprile 2002).
Tale voce di danno è configurata da alcuni come voce di danno patrimoniale (in considerazone del fatto che il godimento del bene "vacanza" viene considerato bene giuridico suscettibile di valutazione patrimoniale), da altri come voce di danno non patrimoniale.
La risarcibilità del danno da vacanza rovinata, configurato come danno non patrimoniale, si fonda sul combinato disposto dell'art. 2059 c.c. e dell'art. 92 comma 2 del Codice del Consumo, secondo il quale il consumatore, in caso di annulamento del pacchetto di viaggio senza colpa da parte del consumatore, ha diritto, oltre alla restituzione della somma, o, in alternativa, all'offerta di una prestazione equivalente da parte del tour operator, al risarcimento di ogni ulteriore danno dipendente dalla mancata esecuzione del contratto".

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domenica 6 gennaio 2013

RESPONSABILITA' DELL'ALBERGATORE

Responsabilità dell'albergatore: distinzione fra cose consegnate dal cliente all'albergatore e cose portate con sè dal cliente in albergo

Gli albergatori (ma lo stesso vale anche per gli imprenditori titolari di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili) rispondono del deterioramento, della distruzione o della sottrazione delle cose dei clienti, e non solo di quelle ricevute in custodia, ma anche di quelle che semplicemente i clienti hanno portato con sè.
Tuttavia, mentre per le cose date in custodia (o di cui è stata illegittimamente rifiutata la custodia) la responsabilità è illimitata ex art. 1784 c.c., per le cose portate con sè dai clienti la regola è quella della responsabilità limitata ad un massimo di 100 volte il prezzo di locazione dell'alloggio per giornata ex art. 1783 c.c., salvo il caso in cui il cliente dimostri che il danno o il furto è avvenuto per colpa dell'albergatore, o di un membro della sua famiglia, o di uno dei suoi dipendenti, nel qual caso la responsabilità è comunque illimitata.
Una cosa deve ritenersi data in custodia con la semplice consegna materiale della stessa (o delle chiavi nel caso dell'automobile) senza che occorra alcuno scambio espresso di consensi nè oralmente, nè tantomeno per iscritto (cfr. Trib. Alessandria sez. II, 20 agosto 2011 con riferimento al furto di biciclette da gara portate dai clienti per partecipare ad una competizione).
Mentre l'albergatore ha l'obbligo di predere in consegna gli oggetti di valore che i clienti gli chiedono di custodire (potendo rifiutarsi soltanto se si tratta di oggetti pericolosi oppure eccessivamente preziosi rispetto al  livello dell'albergo, o eccessivamente ingombranti), i clienti non hanno alcun obbligo di dare in custodia i propri oggetti di valore (cfr. Cass. civ. sez. III, 5.12.2008 n. 28812).
Per quanto attiene, invece, alle cose portate in albergo ma non consegnate in custodia, l'ipotesi più frequente in cui è stata ritenuta integrata la colpa dell'albergatore, tale da trasformare la responsabilità da limitata ad illimitata, è costituita dal furto delle cose del cliente eseguito nella sua camera senza scasso o effrazione, e, quindi, evidentemente, anche a causa dell'omessa o insufficiente vigilanza sulle chiavi delle camere dell'albergo.
In tal senso già la Corte di Appello di Milano nel 1980:
"La mancata vigilanza sulle chiavi delle camere d'albergo implica con sicurezza la ricorrenza della colpa dell'albergatore in quanto la custodia delle chiavi inerisce ad un deposito necessario perchè il cliente, con la loro consegna al portiere trasferisce in sostanza all'albergatore la detenzione cioè un potere diretto ed immediato sulle stesse e, quindi, sulle cose lasciate nelle camere" (ma dello stesso tenore, più recentemente, anche Cass. civ. sez. III 11 luglio 2007 n. 15468).

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CONTRATTO DI ORMEGGIO: COMPORTA UN OBBLIGO DI CUSTODIA?

Contratto di ormeggio: può includere un obbligo di custodia dell'imbarcazione e delle cose in essa contenute

Non v'è alcun dubbio che lo specchio d'acqua interno ad un porto costituisce un bene pubblico demaniale.
Conseguentemente, mai si è dubitato del fatto che la disponibilità di esso (o di parte di esso) può essere ceduta a terzi da parte della Pubblica Amministrazione solo mediante un atto di concessione in senso tecnico.
Generalmente, tuttavia, il privato che chiede ed ottiene la concessione dalla Pubblica Amministrazione non lo fa al fine di ormeggiare la propria imbarcazione, bensì al fine di svolgere un'attività di impresa, e, dunque, al fine di vendere il diritto di ormeggiare a terzi per ricavarne un guadagno.
Lo strumento giuridico mediante il quale tale attività viene svolta prende il nome di contratto di ormeggio.
Sebbene in passato anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. sentenza n. 2015/1989) abbiano ritenuto che si trattasse di una sub-concessione con conseguente attribuzione delle relative controversie alla giurisdizione dei T.A.R. (Tribunali Amministrativi Regionali), ormai la giurisprudenza assolutamente prevalente lo considera un contratto di diritto civile, e le controversie sono dunque decise dai Tribunali civili ordinari.
Per quanto più rileva, è consolidato in giurisprudenza (cfr. Cass. Sez. Unite n. 8224/2007) il sequente orientamento: il contratto di ormeggio ha un contenuto minimo ed essenziale rappresentato dalla cessione in godimento di uno spazio acqueo (e in tale parte è riconducibile alla disciplina della locazione); ma può anche includere un obbligo di custodia da parte del depositario sull'imbarcazione e sulle cose in essa contenuta, ed in particolare sulle dotazione obbligatorie (e in tale parte eventuale è evidentemente riconducibile alla disciplina del deposito).
Quando tale obbligo di custodia sussiste, in caso di furto o danneggiamento dell'imbarcazione o delle cose in essa contenute il depositario può essere chiamato a risponderne in via risarcitoria.
L'obbligo di custodia può essere incluso esplicitamente nel contratto oppure essere desunto da:
"... elementi sintomatici quali ad esempio, l'esistenza sul molo di una guardiana fissa; le piccole dimensioni dell'imbarcazione; la lunga sosta dell'imbarcazione in assenza di equipaggio e finanche la circostanza che, in occasione di una mareggiata, l'ormeggiatore ed i suoi dipendenti si siano adoperati per evitare danni alle imbarcazioni" (così Cass. civ. sez. III, 1 giugno 2004, n. 10484).

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sabato 5 gennaio 2013

RESPONSABILITA' ALBERGATORE: RAPINA IN ALBERGO

Responsabilità dell'albergatore: rapina in albergo - apertura della porta nella notte a dei rapinatori senza controllo dell'identità

Qual è la misura della diligenza richiesta agli albergatori nell'eseguire la prestazione, certamente dovuta, di tutela dei propri clienti durante le ore nottorne? E, in particolare, è da ritenersi dovuta una qualche forma di controllo sull'identità di coloro che si presentano alla porta? Il controllo può essere effettuato solo dal portiere (in quanto verosimilmente può distinguere chi è cliente dell'albergo e chi invece non lo è), oppure anche da altro dipendente dell'albergo (come ad esempio un facchino che si trovi a passare vicino alla porta al momento in cui suona il campanello)? In caso di omesso controllo, se colui o coloro che entrano effettuano una rapina a danno di uno dei clienti, l'albergatore deve ritenersi responsabile?
Sono sostanzialmente questi gli interrogativi di fondo che hanno trovato una risposta nella pronuncia della Suprema Corte di Cassazione n. 18651 del 5 dicembre 2003.
Il caso concreto che ha originato tale pronuncia è stato il seguente: in un rinomato albergo di Milano alle tre di notte del 7 febbraio 1991 suonano alla porta; un facchino che si trovava a passare vicino alla porta vede una signora vestita in modo elegante e subito le apre; appene viene aperta la porta assieme alla donna entrano alcuni uomini armati e suoi complici; i rapinatori entrano per svaligiare la cassaforte dell'albergo ma cambiano i loro piani quando sentono arrivare al portiere la telefonata di una cliente per un room service; allora ne approfittano per entrare agevolmente nella stanza della cliente, legarla, imbavagliarla e derubarla per un valore complessivo di quasi 200 milioni di lire.
La Corte di Cassazione ha escluso nella fattispecie una responsabilità dell'albergatore per colpa dei suoi ausiliari (il facchino ed il portiere) ritenendo che non avrebbero avuto alcuna ragione per negare l'ingresso alla donna anche se si fosse qualificata come nuova cliente, mentre i suoi complici erano ben nascosti e non visibili.
Di diverso avviso, invece, era stato il Giudice di primo grado, ovvero il Tribunale di Milano, che aveva ritenuto responsabile l'albergatore per colpa dei suoi ausiliari per aver omesso di accertare l'identità della persona che si era presentata alla porta.
Mi parrebbe, dunque, consigliabile evitare in radice l'insorgere di simili inconvenienti mediante l'adozione di rimedi pratici tutto sommato banali: tenere la zona antistante la porta di ingresso ben illuminata di notte e sgombra da possibili ripari/nascondigli; posizionare il desk del portiere esattamente innanzi all'ingresso ma ad una certa distanza; installare un meccanismo di apertura/chiusura della porta a distanza etc...

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giovedì 3 gennaio 2013

RESPONSABILITA' ALBERGATORE: FURTO DURANTE CHIUSURA SERVIZIO CUSTODIA

L'intento di ridurre i costi, in sè perfettamente legittimo e condivisibile, può indurre gli albergatori a ridurre l'orario di fruibilità da parte dei clienti di alcuni servizi, quale ad esempio il servizio di custodia dei beni di particolare valore che i clienti abbiano portato con sè.

Responsabilità dell'albergatore:  furto in albergo nelle ore di chiusura del servizio di custodia dei valori

Si tratta, tuttavia, di una decisione da prendere con assoluta prudenza perchè potenzialmente idonea a fondare la responsabilità della struttura ricettiva in caso di furto durante le ore di chiusura del servizio di custodia
E' quanto ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 10493 del 7 maggio 2009 in ordine al seguente caso: la cliente di un noto villaggio turistico aveva portato con sè in viaggio una costosa pelliccia di visone; la sera prima della partenza aveva dovuto ritirare la pelliccia dal deposito di sicurezza dell'albergo perchè la mattima seguente avrebbe dovuto partire prima della riapertura del servizio di custodia; durante la notte qualcuno, senza effrazione o scasso, si introduceva nella sua stanza e rubava la pelliccia.
Ebbene la Corte ha ritenuto che nella fattispecie potesse ritenersi non solo incompleto il servizio di custodia dei valori, ma anche lacunoso il servizio di vigilanza notturna, ed ha affermato il seguente principio di diritto:
"... all'incompletezza del servizio di custodia dei valori dei clienti deve far riscontro una particolare vigilanza sull'albergo e sull'accesso alle camere nelle ore di chiusura del servizio, sì da evitare quantomeno i comportamenti analoghi a quello verificatosi nel caso in esame, ove il malvivente ha addirittura potuto introdursi senza effrazioni nella stanza della cliente, in presenza della stessa, poco dopo che la pelliccia era stata ritirata dal deposito.
La colpa dell'albergatore - che giustifica la responsabilità per l'intero valore degli oggetti rubati - va individuata tenendo conto che, in relazione alle attività di impresa, costituiscono colpa anche le carenze di carattere organizzativo che abbiano esposto i beni dei clienti a rischi ai quali non sarebbero stati esposti, ove l'imprenditore avesse affrontato i costi necessari a fornire uno standard di sicurezza più elevato, in relazione ai rischi ordinariamente prevedibili ed evitabili e tento conto della natura e del valore della prestazione alberghiera.
Vale a dire, a fronte di un furto verificatosi in parte a causa dell'incompletezza del servizio di custodia dei valori dei clienti; in parte a causa di palesi negligenze nella sorveglianza dei locali dell'albergo e delle chiavi delle camere, la responsabilità per colpa dell'albergatore, ai sensi dell'art. 1785 bis c.c., avrebbe potuto essere esclusa solo previa dimostrazione, il cui onere era a carico dell'albergatore medesimo,  che la prevenzione dell'illecito verificatosi avrebbe richiesto l'adozione di cautele e di costi sproporzionati e inesigibili, in relazione alla natura, al livello ed ai prezzi delle prestazioni alberghiere, nonchè in relazione al rischio concreto del verificarsi di eventi del genere di quello in oggetto".

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RESPONSABILITA' ALBERGATORE: FURTO AUTO

Responsabilità albergatore: furto auto in albergo - la consegna delle chiavi dell'auto in albergo integra un contratto di deposito ordinario

La consegna delle chiavi dell'auto al vetturiere al momento dell'arrivo in albergo (o in altra struttura ricettiva) rappresenta un gesto assai frequente e diffuso. E poichè sono tutt'altro che rari i furti d'auto, e, per quanto più rileva, anche i furti delle auto parcheggiate presso strutture ricettive, è sorta la necessità di definire quale sia il valore giuridico di detta "consegna delle chiavi", al fine di affermare o escludere la responsabilità degli albergatori.
Con la sentenza n. 6048 del 12 marzo 2010 la Suprema Corte di Cassazione, proprio con riferimento ad uno di questi casi, ha affermato la responsabilità dell'albergatore.
Ad avviso della Corte, infatti, il gesto di consegnare le chiavi sarebbe di per sè idoneo ad integrare un ordinario contratto di deposito, con conseguente obbligo per la struttura ricettiva di custodia e di restituzione del bene e, nel caso in cui la restituzione divenga impossibile a seguito di un furto, con conseguente obbligo di risarcire il danno.
Nè, precisa sempre la stessa pronuncia già richiamata, la struttura ricettiva potrebbe convincentemente sostenere di essersi limitata a mettere a disposizione uno spazio per il parcheggio a mero titolo di cortesia (come ad altra tipologia di strutture in casi analoghi è stato invece riconosciuto: cfr. Cass. 15.06.1991 n. 6804), posto che l'attività di custodia delle auto rappresenta generalmente una delle prestazioni accessorie incluse nel contratto di albergo, tanto che le auto vengono parcheggiate in appositi spazi a ciò riservati.
Dunque, stando a tale orientamento giurisprudenziale, l'albergo che, tramite i suoi dipendenti, prende materialmente in consegna le chiavi di una vettura e la vettura stessa, sol per questo, e, quindi, senza che sia necessaria la manifestazione di alcuna volontà (men che meno per iscritto), si assume l'obbligo di custodirla e restituirla, ovvero, in caso di furto, di restituire il valore del bene mediante pagamento di un risarcimento del danno.  
E quest'ultimo obbligo sorge a prescindere dalle modalità del furto, cioè senza che rilevi se assieme all'auto sono state rubate anche le chiavi, o se, invece, è stata rubata solo l'auto, e, dunque, con effrazione o scasso.

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mercoledì 2 gennaio 2013

PISCINA: OBBLIGO SEGNALETICA - RESPONSABILITA'

Il gestore di una piscina ha l'onere di apporre adeguata segnaletica dei pericoli, anche in assenza di una specifica prescrizione di legge, pena l'obbligo di risarcire gli eventuali danni

Con una recente pronuncia (n. 5086/2011) la Corte di Cassazione ha enunciato un principio di diritto di grande interesse per chiunque gestisca una piscina e, dunque, anche per tutti coloro che sono proprietari di una qualsivoglia struttura ricettiva che metta a disposizione degli ospiti anche una piscina.
Il caso concreto su cui la pronuncia è intervenuta, in estrema sintesi, è il seguente: un ragazzo di quindici anni si è tuffato in una piscina nella parte in cui l'acqua aveva una profondità di appena 90 cm riportando gravissimi danni per un importo complessivo liquidato in oltre 1 milione di euro, e, quindi, in misura ampiamente eccedente il massimale coperto dalla assicurazione.
Il principio di diritto affermato dalla III° Sezione della Corte di Cassazione, in riforma della sentenza di appello che invece aveva respinto la richiesta risarcitoria, è così formulato: "Ai fini dell'individuazione della responsabilità per danni ex art. 2043 c.c., derivanti da un tuffo in piscina dove la profondità dell'acqua è bassa, posto che, secondo le comuni regole di prudenza, il gestore deve predisporre mezzi idonei a segnalare la profondità e un esplicito cartello per vietare i tuffi, dove la profondità non li consente in sicurezza, qualora tale condotta rsulti omessa, come nella specie, andrà valutata l'incidenza causale di tale omissione rispetto all'evento, non apparendo inverosimile - alla luce del criterio della causalità adeguata - che idonei segnali di pericolo possano svolgere un effetto dissuasivo sul comportamento dell'uomo medio e, tanto più, suquello di un adolescente."
E tale principio, sempre ad avviso della Corte, trova fondamento nelle "generali norme di prudenza" che è tenuto a rispettare chiunque "per la natura dell'attività svolta è tenuto a garantire l'incolumità fisica degli utenti nell'organizzazione della propria attività economica", senza che alcun rilievo possa assumere "la mancata elencazione di tali obblighi in norme primarie o secondarie".
Dunque, in altri termini, alla luce della pronuncia richiamata, chiunque gestisca una piscina - pur in assenza di una specifica norma di legge, o anche solo regolamentare, che esplicitamente lo obblighi a predisporre una segnaletica per informare i fruitori della piscina dei possibili pericoli -deve comunque ritenersi obbligato a predisporne una, pena l'eventuale attribuzione della responsabilità per i danni che da tale omissione dovessero derivare a terzi.
Qualora il gestore abbia predisposto adeguata segnaletica per informare gli utenti delle caratteristiche della piscina, e delle regole di prudenza da osservare nell'uso della medesima piscina, i danni che dovessero comunque derivare agli utenti per inosservanza di tali regole in nessun modo potranno essere attribuiti a responsabilità del gestore che, quindi, eviterà la condanna al risarcimento.
Costituisce, infatti, un principio di diritto già consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione quello secondo il quale deve ritenersi "causa esclusiva e determinante del danno la condotta del danneggiato, quando l'infortunato abbia tenuto un comportamento in violazione delle previste cautele impostegli dal gestore" (così già Cass. n. 4777/1998; Cass. n. 5839/2007).

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