domenica 3 novembre 2013

IN VACANZA CON LA MULTIPROPRIETA'


Cos’è la multiproprietà? Quali sono i vantaggi? Quali sono, invece, i rischi? E gli strumenti di tutela?


Cosa si intende per multiproprietà

Acquistare una “multiproprietà” significa acquistare il diritto di godersi un determinato alloggio limitatamente ad un certo periodo dell’anno, per più anni di seguito.

Per esempio, è il caso di chi acquista il diritto di usare in modo esclusivo un alloggio in un complesso immobiliare a Cortina d’Ampezzo, al fine di trascorrervi con la famiglia le vacanze invernali ogni anno dal 5 al 15 gennaio (mentre in altri periodi lo stesso alloggio è utilizzato da altre famiglie).

Ecco perché la multiproprietà è definita come “diritto di godimento turnario o ripartito di alloggi”, perché determina una situazione in cui sul medesimo alloggio coesistono diritti di godimento di più soggetti che li esercitano in via esclusiva ma a rotazione in diversi periodi dell’anno.

Siccome nella multiproprietà il godimento è circoscritto a brevi periodi di tempo, coincidenti con quelli che ordinariamente si possono dedicare alle vacanze, il prezzo di acquisto è notevolmente inferiore rispetto a quello della proprietà tradizionale.

Si tratta, dunque, di un contratto e, prima ancora, di una operazione economica, che risponde, innanzitutto, all’esigenza di rendere economicamente più accessibile l’offerta di case per vacanze, soprattutto in località turistiche rinomate e costose.

Al tempo stesso, risponde altresì all’esigenza di dare risposta alla crescente domanda di case per vacanze riducendo il numero delle nuove costruzioni, e quindi la cementificazione di località generalmente di grande pregio paesaggistico.

L’utilità pratica che la multiproprietà consente di conseguire è sempre quella appena descritta, tuttavia ciò non significa che nella prassi si atteggi sempre in modo identico.

Al contrario, ne esistono diverse tipologie.

La più diffusa in Italia è sicuramente la “multiproprietà immobiliare”, che è anche la più garantistica per il consumatore, in quanto questi acquista una quota della proprietà dell’immobile tramite atto notarile soggetto a trascrizione nei pubblici registri immobiliari.

Ne consegue che ad essa si ritengono applicabili le norme sulla comunione e sul condominio.

Uno dei maggiori vantaggi per chi acquista tale forma di multiproprietà è rappresentato dal fatto che può disporre liberamente della propria quota: può venderla, donarla, darla in locazione o comodato, renderla oggetto di disposizione testamentaria, costituirvi ipoteca etc. …

Altro vantaggio è rappresentato dal fatto che può rivendicare e difendere il proprio diritto nei confronti di chiunque arrechi ad esso pregiudizio, e non solo tutelarlo nel caso in cui il pregiudizio provenga dallo stesso soggetto che glielo ha venduto agendo contro quest’ultimo.

Costituisce, invece, uno svantaggio assai ricorrente nella pratica il fatto che la gestione/manutenzione dei complessi residenziali in cui si inseriscono gli alloggi dei multiproprietari è generalmente affidata, da appositi regolamenti, a soggetti terzi che godono di ampia autonomia, cosicché le spese condominiali di norma non dipendono in alcun modo dalla volontà dei multiproprietari, e tendono ad essere piuttosto elevate.

Abbastanza diffusa in Italia è anche la cosiddetta multiproprietà alberghiera.

In questo caso, all’acquisto di una multiproprietà immobiliare, si aggiunge l’acquisto di servizi tipici del contratto di albergo.

In altre parole, si acquista non solo il diritto di godere di un alloggio per un certo periodo dell’anno, ma anche il diritto di fruire di servizi accessori di ospitalità (quali, ad esempio, cambio biancheria, pulizia locali, etc. …).

E’ invece poco diffusa in Italia la cosiddetta multiproprietà azionaria, che è cosa molto diversa dalla multiproprietà immobiliare.

In questo caso, infatti, la proprietà del complesso immobiliare non spetta ai multiproprietari in regime di comunione, ma è di una società per azioni, ed il diritto di godimento turnario degli alloggi è riconosciuto ad alcuni dei soci mediante due tecniche alternative:

1 - mediante incorporazione dello stesso diritto di godimento in apposite azioni privilegiate, cosicché è in virtù del mero possesso di tali azioni che il socio è legittimato a pretendere che la società gli metta a disposizione quel certo alloggio in quel determinato periodo dell’anno;

2 – mediante incorporazione in apposite azioni privilegiate del diritto di partecipazione ad una associazione non riconosciuta comodataria dell’intero complesso immobiliare che ha il compito di concedere poi in subcomodato i singoli alloggi agli associati.

Il grande rischio insito in questo tipo di multiproprietà è costituito dal fatto che le sorti del diritto acquistato sono inesorabilmente legate alle sorti della società che rimane sempre proprietaria dell’immobile. In particolare, il titolare della multiproprietà può ritrovarsi con un pugno di mosche in caso di fallimento della società.

Presenta però anche degli indubbi vantaggi: non è richiesta la stipula di un atto notarile per il suo acquisto e non è soggetta ad i.v.a. la sua cessione.


Tutela del consumatore che acquisti una multiproprietà

A tutte le fattispecie di multiproprietà sopra illustrate si applica una speciale disciplina di derivazione comunitaria volta a tutelare il consumatore in quanto contraente debole [1].

L’operatore economico che promuove la stipulazione di contratti di multiproprietà è, innanzitutto, gravato da puntuali obblighi informativi.

E precisamente, deve fornire, in maniera chiara e comprensibile, a titolo gratuito, e prima che sorga a carico del consumatore un qualsivoglia vincolo contrattuale, informazioni accurate e sufficienti secondo modalità standardizzate analiticamente nei formulari allegati al Codice del Consumo.

La violazione di tali obblighi informativi:

- può indurre il consumatore a dedicare tempo e risorse alla verifica dell’affare che gli viene proposto, cosicché, se poi il contratto non si conclude, il consumatore ha diritto di esser risarcito della perdita di tempo, denaro e magari anche di altri affari;

- può indurre il consumatore in errore, e portarlo a stipulare il contratto, in tal caso il consumatore potrà chiedere l’annullamento del contratto, oltre al risarcimento degli eventuali danni.

Il contratto deve poi esser redatto per iscritto a pena di nullità.

Una volta concluso il contratto al consumatore spetta comunque il diritto di recesso senza spese né penalità, ovvero la facoltà di svincolarsi unilateralmente dagli impegni assunti senza oneri di alcun tipo.

Il recesso deve essere esercitato per iscritto e, a pena di decadenza, deve intervenire:

- entro 14 giorni da quando il consumatore riceve copia del contratto, se nessun obbligo informativo è stato violato;

- entro 3 mesi e 14 giorni da quando il consumatore riceve copia del contratto, in caso di mancata consegna su supporto durevole di tutte le informazioni obbligatorie;

- entro 1 anno e 14 giorni da quando il consumatore riceve copia del contratto, se non gli è stato consegnato l’apposito formulario sul recesso.

Se le informazioni obbligatorie o il formulario sul recesso sono consegnate rispettivamente entro 3 mesi ed entro 1 anno dalla ricezione della copia del contratto, allora il termine per il recesso decorre dalla data in cui tali informazioni vengono consegnate al consumatore.

Prima della scadenza del termine per il recesso è espressamente fatto divieto all’operatore di ricevere dal consumatore qualsiasi versamento a titolo di acconto, e qualsiasi forma di garanzia di pagamento

L’operatore, da parte sua, è invece tenuto a prestare idonea fideiussione a garanzia della corretta esecuzione del contratto.
 
 
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lunedì 28 ottobre 2013

META' CROCIERA SENZA IL BAGAGLIO: VACANZA ROVINATA?

Lo smarrimento del bagaglio non comporta necessariamente un danno da vacanza rovinata. Occorre valutare, infatti, tutte le particolari circostanze del caso.
 
Il caso: una coppia di coniugi acquista un pacchetto tutto compreso avente ad oggetto il volo andata e ritorno, il soggiorno per alcuni giorni ad Amsterdam, ed una crociera con destinazione le principali capitali nordiche; uno dei bagagli viene smarrito sul volo di andata per essere poi ritrovato e restituito solo a metà crociera; la Società organizzatrice del pacchetto turistico immediatamente  mette a disposizione dei coniugi la somma di € 400 per acquistare vestiario ad Amsterdam; ciononostante la coppia di coniugi al rientro chiede il risarcimento dei danni da vacanza rovinata per i seguenti motivi:
- essersi trovati costretti a vestire casual in un contesto elegante per metà vacanza;
- non aver potuto fare escursione per mancanza di adeguato vestiario invernale.
In primo grado ottengono la condanna al risarcimento per un importo pari a quasi 15.000 euro.
La Corte di Appello di Genova (sent. n. 1289/2011), tuttavia, poi ribalta tale decisione osservando:
- che si trattava nella fattispecie di due viaggiatori abituali;
- che, dunque, sapevano, o dovevano sapere, che lo smarrimento di un bagaglio può capitare;
- che, agevolmente, avrebbero potuto fare acquisti ad Amsterdam con la somma messa a loro disposizione dalla Società e rimediare all'inconveniente.
In sostanza, la Corte ha escluso il risarcimento del danno da vacanza rovinata perché tale danno avrebbe potuto essere annullato se i coniugi avessero ben sfruttato - come erano ben in grado di fare, date le loro precedenti esperienze di viaggio - la soluzione offerta dalla Società organizzatrice.
Il che equivale a dire che non è possibile chiedere il risarcimento del danno da vacanza rovinata se non si è fatto quanto era possibile fare per eliminare o ridurre il danno stesso.
 
 
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domenica 27 ottobre 2013

COUNTRY HOUSE: SERVE LA QUALIFICA DI IMPRENDITORE AGRICOLO

Per svolgere attività ricettiva del tipo "country house", ovvero in "residenze rurali", parrebbe occorrere la qualifica di imprenditore agricolo, come per l'attività di agriturismo, ancorché non sia in tal caso espressamente previsto dalla legge.
 
L'art. 12 comma 10 del Codice del Turismo contempla fra le strutture ricettive extra-alberghiere anche le country house o residenze rurali, fornendone la seguente descrizione:
"... sono le strutture localizzate in ville padronali o fabbricati rurali da utilizzare per l'animazione sportivo-ricreativa composte da camere con eventuale angolo cottura, che dispongono di servizio di ristorazione aperto al pubblico".
A differenza dell'attività di agriturismo, con riferimento a tale tipo di attività il legislatore non ha previsto espressamente come obbligatorio che il titolare possieda la qualifica di imprenditore agricolo.
Ciononostante, in giurisprudenza si va profilando un orientamento secondo il quale sarebbe comunque necessaria in virtù delle seguenti considerazioni:
"... il carattere della ruralità dell'edificio deve risultare materialmente impresso dall'attualità dello svolgersi nel relativo fondo di pratiche agricole, di selvicoltura, o di allevamento di bestiame, tipiche della ruralità medesima, e, quindi, dell'imprenditore agricolo così come definito dall'art. 2135 c.c." (Consiglio di Stato Sez. IV, 28 ottobre 2011 n. 5801).
 
 
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giovedì 4 luglio 2013

AFFITTO DI ALLOGGI: USO VACANZE - USO SECONDA CASA

Chi prende in affitto un immobile per usarlo come seconda casa, secondo la giurisprudenza, anche se la casa magari è al mare e, dunque, chiaramente è utilizzata per le vacanze ed il relax dei fine settimana, non mira a soddisfare esigenze turistiche ma abitative (complementari a quelle soddisfatte dalla prima casa), e,  oltretutto, esigenze non meramente transitorie, ma tendenzialmente stabili. Pertanto, le parti non sono totalmente libere di determinarne il contenuto (in particolare la durata) perché si applica la legge 431/1998.
 
 
La legge fondamentale in materia di affitto (legge 431/1998) prevede una serie di limiti all'autonomia delle parti nel determinare il contenuto dei contratti.
Tuttavia, tale legge esclude espressamente dal proprio campo di applicazione i contratti di affitto volti a soddisfare esigenze transitorie di natura turistica.
Tale esclusione è ora ribadita anche dall'art. 53 del Codice del Turismo (decreto legislativo 79/2011).
Ciò significa che quando il fine perseguito dalle parti è di tale natura, a prescindere dal carattere turistico o meno del luogo in cui si trova l'immobile, ed a prescindere dalla previsione di un ben preciso termine di durata del contratto, le parti godono di amplissima libertà nel determinare il contenuto del contratto medesimo (si applicano, infatti, le solo generali previsioni contenute nel codice civile agli artt. 1571 e seguenti).
Inoltre, i contratti la cui durata non eccede i 30 giorni non sono neppure soggetti a registrazione (se invece superato tale soglia devono essere registrati entro 30 giorni dalla stipula).
Non è neppure prevista la forma scritta per la validità del contratto, bensì solo a tutela del conduttore che, quindi, potrà sempre chiedere al giudice l'accertamento dell'esistenza e del contenuto del contratto concluso in forma orale.
Regole più stringenti però sussistono circa le modalità di gestione degli alloggi da parte dei proprietari che intendano darli in affitto ai turisti per le vacanze.
Infatti, ai sensi dell'art. 12 comma 5 del citato Codice del Turismo, le unità abitative date in locazione a turisti nel corso di una o più stagioni con contratti di durata non inferiore a sette giorni e non superiore a sei mesi consecutivi possono essere gestite solo nelle forme seguenti:
- direttamente in forma imprenditoriale;
- direttamente in forma non imprenditoriale solo da coloro che non hanno più di 4 unità abitative;
- indirettamente, tramite agenzie immobiliari.
Del tutto diverso, ad avviso della giurisprudenza (Cassazione civile sent. n. 13483 del 20.06.2011) è il caso dell'affitto di un immobile con l'intento di destinarlo ad uso seconda casa.
Chi prende in affitto una casa per recarvisi secondo la propria disponibilità di tempo libero nel corso dell'anno, o addirittura degli anni, secondo la Cassazione non soddisfa  esigenze turistiche ma abitative complementari a quelle soddisfatte dalla prima casa e, oltretutto, di carattere prolungato se non stabile e, quindi, certamente non transitorio. Pertanto, a questa tipologia di contratti di affitto si deve applicare la legge 431/1998 con tutte le limitazioni all'autonomia delle parti in essa contenute.
 
 
 
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venerdì 10 maggio 2013

MEDICO VESSATO DAL PRIMARIO:CAREGGI CONDANNATA AL RISARCIMENTO

Organizzare l'attività di un reparto in modo tale da gravare i medici di un carico di lavoro eccessivo tanto da procurare un danno alla salute è illegittimo e meritevole di risarcimento. Il primario che esclude un medico del suo reparto da quasi tutte le attività in esso svolte e, addirittura della facoltà di refertare gli esami effettuati durante i turni al medesimo assegnati, compie un demansionamento grave ed illegittimo. Il primario che scredita un medico del suo reparto presso colleghi ed informatori scientifici arreca un danno alla reputazione suscettibile di risarcimento.

Il Giudice del Lavoro di Firenze con una pronuncia pubblicata in data 7 maggio 2013 ha accolto il ricorso seguito dagli avv.ti Maria Valentina Casciano e Giacomo Guerrini  (http://www.studiocascianoguerrini.it) nell'interesse del dott. Leopoldo Granata (e, dopo la sua morte, avvenuta in corso di causa, nell'interesse delle due figlie), condannando l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi al risarcimento dei danni dal medesimo patiti ed alla refusione delle spese di lite, per un importo complessivo pari ad oltre € 40.000,00.
Benchè la cifra in sè considerata non possa dirsi affatto soddisfacente (il che eventualmente determinerà la provocazione di un giudizio di appello), è innegabile la soddisfazione per le statuizioni adottate dal Giudice su diversi aspetti della vicenda.
Ed essendo questi ultimi tutt'altro che isolati ed inusuali, ben possono ritenersi dette statuizioni di interesse diffuso.
Le statuizioni cui si compie riferimento sono le seguenti:
1 - Organizzare l'attività di un reparto in modo tale da gravare i medici di un carico di lavoro eccessivo tanto da procurare un danno alla salute è illegittimo e meritevole di risarcimento;
2 - Il primario che esclude un medico del suo reparto da quasi tutte le attività in esso svolte e, addirittura della facoltà di refertare gli esami effettuati durante i turni al medesimo assegnati, compie un demansionamento grave ed illegittimo;
3 - Il primario che scredita un medico del suo reparto presso colleghi ed informatori scientifici arreca un danno alla reputazione suscettibile di risarcimento.



sabato 4 maggio 2013

IL REGIME URBANISTICO DI FAVORE PER LE STRUTTURE TURISTICHE

Dichiarando l'intento di voler realizzare strutture turistiche - ricettive è spesso possibile ottenere il permesso di costruire laddove, per fini residenziali, non sarebbe consentito dagli strumenti urbanistici.  Destinare poi di fatto la struttura così realizzata a scopi residenziali può integrare il reato di lottizazzione abusiva.

L'attività edilizia finalizzata alla realizzazione di strutture turistiche - ricettive gode di un regime urbanistico di favore (lo ha evidenziato anche recentemente il Consiglio di Stato con sent. n. 3091 del 25 maggio 2012).
Conseguentemente, è piuttosto frequente che si tenti di approfittare illegittimamente di tale regime di favore realizzando manufatti poi in concreto destinati non all'esercizio di attività alberghiera (o affine), bensì ad altri usi (in primis quello residenziale).
Sennonchè, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione è ormai copiosa e consolidata nel ritenere che simili fattispecie integrino il reato di lottizzazione abusiva (art. 30 T.U. n. 380/2001).
Per fare un esempio, tale reato è stato ravvisato nel seguente caso concreto: dopo aver realizzato un grande complesso immobiliare dichiarando di avere intenzione di destinarlo ad attività alberghiera, il proprietario ha stipulato diversi contratti preliminari di compravendita aventi ad oggetto parti del medesimo complesso destinandole a residenza privata (cfr. Cass. penale n. 10889/2005).
La giurisprudenza è costante nell'osservare che ciò che assume rilevanza ai fini della sussistenza del reato non è, di per sè, il passaggio della titolarità del complesso da un singolo proprietario ad una pluralità di proprietari, bensì la concreta ed effettiva destinazione dell'immobile anzichè ad un pubblico generalizzato (turisti), esclusivamente a favore di uno o più soggetti determinati (proprietari).
Occore, poi, tener presente che, in caso di accertamento del reato, oltre alla sanzione penale, è prevista anche la sanzione amministrativa della confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite (art. 44 T.U. 380/2001).


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sabato 30 marzo 2013

PASSAGGIO COATTIVO PER ESIGENZE DEL TURISMO

In favore di un fondo sul quale sia esercitata attività di impresa riconducibile al settore turistico (ad esempio, attività alberghiera), può essere costituta sul fondo vicino una servitù coattiva di passaggio, anche quando già sussistano altri accessi alla pubblica via.

Ai sensi degli artt. 1051-1052 c.c. il proprietario di un fondo può chiedere alla Autorità Giudiziaria che sia costituita in favore del proprio fondo ed a carico del fondo vicino appartenente ad altri una servitù coattiva di passaggio.
A tal fine non è indispensabile che il fondo sia intercluso, ovvero che non abbia altrimenti alcun accesso alla via pubblica.
E' sufficiente che l'accesso alla via pubblica esistente sia inadatto ai bisogni del fondo stesso e non possa essere ampliato/modificato.
In ogni caso, il passaggio coattivo può essere concesso dall'Autorità Giudiziaria solo quando questa riconosce che la domanda risponde alle "esigenze dell'agricoltura e dell'industria".
Sebbene, dunque, la lettera della disposizione codicistica non contempli in alcun modo le esigenze del turismo, deve essere attribuita rilevanza anche a tali esigenze secondo una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (sent. n. 4418/2013) che ha posto l'accento sulla legge 20 marzo 2001 n. 135.
Tale legge, infatti, in via generale riconosce il ruolo strategico del turismo, favorisce la crescita competitiva dell'offerta del sistema turistico e, in particolare, "promuove azioni per il superamento degli ostacoli che si frappongono alla fruizione dei servizi turistici da parte dei cittadini".
Conseguentemente, la sentenza citata ha ritenuto quanto segue:
"La rilevanza che attribuisce la normativa richiamata alla valorizzazione delle imprese turistiche non può non riverberare in ordine alla valutazione che occorre fare ai sensi dell'art. 1052 c.c.", ovvero, appunto, ai fini della costituzione coattiva di servitù di passaggio.


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SMARRITO BAGAGLIO NEL VIAGGIO DI NOZZE: RISARCIMENTO DANNI

In caso di smarrimento del bagaglio da parte del vettore aereo durante il viaggio di nozze è stato riconosciuto il diritto al risarcimento, non solo del danno patrimoniale, ma anche del danno non patrimoniale (danno da vacanza rovinata), ed è stato quantificato in via equitativa in metà del prezzo di acquisto del pacchetto turistico.

Il caso (Tribunale di Reggio Emilia 23 febbraio 2013 n. 279):
- una giovane coppia per il suo viaggio di nozze acquista un pacchetto turistico con destinazione Cayo Largo;
-  durante il volo aereo di andata il bagaglio del neosposo viene smarrito e, in seguito, non viene più ritrovato;
- al rientro dal viaggio è intentata causa per il risarcimento sia del danno patrimoniale che del danno non patrimoniale;
- il Giudice riconosce non solo il diritto al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche di quello non patrimoniale, ossia del danno rappresentato dal disagio patito in conseguenza dello smarrimento del bagaglio perdipiù in occasione del viaggio di nozze;
- quest'ultimo danno ("danno da vacanza rovinata") in via equitativa è stato quantificato nella metà del prezzo corrisposto per l'acquisto del pacchetto turistico.


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RISARCITA VACANZA ROVINATA GRAZIE A CLASS ACTION

Il Tribunale di Napoli  ha condannato un tour operator, reo di non aver alloggiato dei turisti in una struttura della qualità promessa nel pacchetto da loro acquistato, al risarcimento del danno.
Per la prima volta, ciò è avvenuto a seguito della promozione non di una ordinaria azione legale, bensì della class action introdotta nel nostro ordinamento solo nel 2009 (art. 140-bis Codice Consumo)

La class action è un'azione legale che alcuni soggetti intentano non nel loro esclusivo interesse (come avviene nelle ordinarie azioni legali), bensì nell'interesse dell'intera classe/categoria di persone cui appartengono.
Queste ultime devono essere dei consumatori, e devono versare, nei confronti di una determinata impresa (ovvero della controparte), in una situazione del tutto omegenea.
Il che è esattamente quanto è occorso nel caso che ha originato la citata sentenza del Tribunale di Napoli (sez. XII, 18 febbraio 2013, n. 2195):
- diverse persone hanno acquistato un pacchetto turistico confezionato da un ben noto operatore turistico che aveva ad oggetto un soggiorno nel periodo natalizio in un villaggio a quattro stelle della Tanzania;
- arrivati sul posto, non essendo la struttura in questione ancora ultimata, sono stati alloggiati in altra struttura;
- quest'ultima però era evidentemente di livello inferiore rispetto a quella promessa;
- pertanto, una volta rientrati dal viaggio, alcuni dei turisti hanno citato in giudizio il tour operator chidendo il risarcimento dei danni non solo in loro favore, ma in favore anche di tutti gli altri turisti che si erano trovati nella stessa identica situazione;
- in corso di causa altri turisti appartenenti alla stessa classe/gruppo hanno aderito all'azione;
- il Tribunale ha accolto la domanda di risarcimento in favore non solo dei turisti promotori dell'azione m anche di tutti gli altri turisti successivamente intervenuti in giudizio che si erano venuti a trovare in situazione del tutto identica.



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domenica 3 marzo 2013

CONTRATTO A TERMINE ILLEGITTIMO: RISARCIMENTO DIPENDENTI PUBBLICI

Aumentano le sentenze dei Giudici del Lavoro che riconoscono ai pubblici dipendenti - in caso di immotivata, e dunque illegittima, assunzione a termine, anzichè a tempo indeterminato - il diritto al risarcimento del danno.

L'assunzione mediante contratto a termine, anzichè a tempo indeterminato, è legittima solo quando obbiettivamente il nascente rapporto di lavoro è volto a soddisfare esigenze di carattere transitorio del datore di lavoro. Diversamente il contratto a termine è illegittimo.
E questo vale sia per i lavoratori del settore privato che per quelli del settore pubblico.
Tuttavia, mentre per i primi vale il rimedio/la tutela della conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato, per i dipendenti pubblici tale meccanismo di conversione è espressamente escluso dall'art. 36 D.Lgs. n. 165/2001 (Testo Unico delle leggi sul pubblico impiego).
Nonostante tale espresso divieto, sono conosciuti un paio di casi in cui l'autorità giudiziaria ha ritenuto comunque applicabile detta conversione nel settore pubblico.
Si compie riferimento alla sentenza n. 699/2009 del Tribunale di Siena ed alla sentenza del 25 gennaio 2011 del Tribunale di Livorno.
Al di fuori di questi casi, allo stato isolati, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che il dipendete pubblico che illegittimamente sia stato assunto a termine non abbia diritto al riconoscimento della conversione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato, ma abbia diritto al risarcimento del danno.
Nell'ambito di questo orientamento si segnalano due recenti pronunce del Tribunale di Trapani (nn. 89-90 del 2013) che in sede di quantificazione del danno hanno ritenuto di far ricorso a criteri molto favorevoli al lavoratore, tanto che, in entrambi i casi, il risarcimento è stato di oltre 100.000,00 euro.
Questo il passaggio che assume centrale rilievo:
"... se la P.A. avesse instaurato un rapporto a tempo indeterminato come imposto dalla legislazione vigente il ricorrente avrebbe continuato a svolgere la propra attività lavorativa come docente fino al raggiungimento dell'età pensionabile. Il danno risarcibile, in definitiva, consiste in un lucro cessante di importo pari alle retribuzioni future per il periodo compreso fra la cessazione del rapporto per effetto del termine illegittimo, e la cessazione che lo stesso avrebbe avuto con il raggiungimento dell'età pensionabile da parte del ricorrente".


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venerdì 1 marzo 2013

RESPONSABILITA' AGENZIA VIAGGI:VENDITA DEI SOLI BIGLIETTI AEREI

Quando l'Agenzia di Viaggi si limita a vendere dei biglietti aerei, in caso di cancellazione del volo da parte della Compagnia Aerea, può essere chiamata a restituire il prezzo, ma non anche al risarcimento del danno da vacanza rovinata che presuppone, invece, la vendita di un pacchetto turistico.

Nell'ambito dell'attività delle Agenzie di viaggi occorre distinguere le seguenti due situazioni:
1 - quando oggetto di compravendita è un pacchetto turistico (ovvero la combinazione di almeno due diversi servizi turistici) la normativa che tutela il consumatore di questo specifico tipo di prodotto fa si che la responsabilità dell'Agenzia sia molto ampia e, in particolare, che essa ricomprenda un eventuale risarcimento del danno da vacanza rovinata;
2 - invece, quando oggetto di compravendita è un singolo servizio turistico (come, ad esempio, nel caso di vendita dei soli biglietti aerei) allora la menzionata disciplina consumeristica non si applica e, quindi, la responsabilità dell'Agenzia è meno estesa, e, in particolare, non è configurabile un risarcimento del danno da vacanza rovinata.
Si tratta di una distinzione rilevantissima nella pratica e che è stata messa in evidenza molte volte in giurisprudenza.
Come ad esempio dalla sentenza del Giudice di Pace di Belluno del 9 gennaio 2012 n. 4.
Nella fattispecie si trattava appunto dell'acquisto dei soli biglietti aerei ed è stato escluso il risarcimento del danno da vacanza rovinata, mentre è stato riconosciuto il diritto alla restituzione del loro prezzo, a seguito della revoca della licenza di volo disposta dall'ENAC nei confronti del vettore aereo, e della conseguente cancellazione del volo medesimo.


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giovedì 28 febbraio 2013

GUIDE TURISTICHE: LE PRESTAZIONI OCCASIONALI SONO LIBERE

Per fare occasionalmente la guida turistica non occorre il previo assolvimento di nessuno degli adempimenti di carattere amministrativo che, invece, sono necessari per lo svolgimento di tale professione in modo stabile.

Con sentenza n. 13733 del 31 luglio 2012 la Corte di Cassazione ha affermato che le normative regionali che subordinano l'esercizio dell'attività di guida turistica all'assolvimento di alcuni adempimenti di carattere amministrativo (denuncia inizio attività - elezione di un domicilio all'interno della Regione interessata) valgono solo per lo svolgimento in modo stabile e, dunque non meramente occasionale, di tale professione.
Il caso su cui la Corte si è pronunciata è stato il seguente: nell'estate del 2004 il Comune di Firenze ha irrogato una sanzione di oltre 1.000 euro ad una guida tedesca che accompagnava un gruppo di turisti connazionali in giro per il centro della città, per non aver previamente adempiuto alle prescizioni contenute nella legge regionale  42/2000.
A seguito della opposizione presentata dalla guida tedesca il Tribunale ha in prima battuta confermato la sanzione.
Poi, però, la Cassazione ha accolto l'opposizione anche se non per le doglianze rappresentate dal cittadino tedesco (ovvero per asserita violazione dei principi comunitari), bensì, come anticipato, per il carattere meramente occasionale della prestazione.

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MANCATA PROVA MOBBING: RICONOSCIUTO COMUNQUE RISARCIMENTO

Nel caso in cui il Giudice ritenga non provata la fattispecie di mobbing lamentata dal ricorrente, quest'ultimo può vedersi comunque riconosciuto un risarcimento


Secondo l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza della Corte di Cassazione perchè sussista una fattispecie di mobbing nei confronti di un lavoratore occorre che sussistano i seguenti elementi:
1 - una molteplicità di comportamenti di carattere vessatorio;
2 - l'evento lesivo della salute o della personalità del lavoratore;
3 - il nesso causale tra le vessazioni ed il pregiudizio alla salute o alla personalità;
4 - la prova della riconducibilità di tutte le vessazioni al medesimo intento persecutorio.
Quest'ultima prova, com'è facilmente intuibile, è senz'altro la più difficile da assolvere in giudizio, e la maggior parte dei ricorsi per mobbing che non trovano accoglimento sono respinti proprio per ravvisata insufficienza della prova di quest'ultimo elemento.
Ecco, quindi, che assume una enorme rilevanza una recente pronuncia della Corte di Cassazione (n. 18927 del 5 novembre 2012) che ha affemato il seguente principio di diritto:
"Nell'ipotesi in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrità psico-fisica in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di lavoro di natura assertamente vessatoria, il Giudice del merito, pur nella accertata insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare tutti gli episodi addotti dall'interessato e quindi della configurabilità del mobbing, è tenuto a valutare se alcuni dei comportamenti denunciati - esaminati singolarmente ma sempre in relazione agli altri - pur non essendo accomunati dal medesimo fine persecutorio possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e, come tali, siano ascrivibili alla responsabilità del datore di lavoro che possa essere chiamato a risponderne".

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MOBBING: COME PROVARLO

La prova del mobbing può essere data anche mediante riproduzioni fonografiche (e quindi, ad esempio, mediante la registrazione audio su qualunque supporto delle affermazioni provenienti dal soggetto vessatore, evidentemente a sua insaputa)

Secondo l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza della Corte di Cassazione perchè sussista una fattispecie di mobbing nei confronti di un lavoratore occorre che sussistano i seguenti elementi:
1 - una molteplicità di comportamenti di carattere vessatorio;
2 - l'evento lesivo della salute o della personalità del lavoratore;
3 - il nesso causale tra le vessazioni ed il pregiudizio alla salute o alla personalità;
4 - la riconducibilità di tutte le vessazioni al medesimo intento persecutorio.
La prova in giudizio di tutti questi elementi è tutt'altro che agevole (anche perchè è difficile che i colleghi accettino di rendere testimonianza su quello che sanno), e grava interamente sul lavoratore che decide di agire in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni subiti.
Sempre più spesso, allora, il lavoratore ricorre a registrazioni fonografiche, ovvero, in parole povere, a registrazioni audio delle affermazioni vessatorie che gli sono rivolte sul luogo di lavoro. Realizzate, ovviamente, in modo occulto, cioè all'insaputa del soggetto che pone in essere le vessazioni.
E la giurisprudenza ha più volte ritenuto ammissibile questo mezzo di prova.
Anche la Corte di Cassazione con sentenza n. 10430/2007 che, in particolare, ha osservato che l'eventuale disconoscimento ad opera della controparte delle affermazioni registrate non impedisce comunque al giudice di trarre in via presuntiva argomenti di giudizio.


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mercoledì 27 febbraio 2013

RETRIBUZIONE STRAORDINARIO MEDICI: QUANDO SPETTA?

Ai dirigenti medici la retribuzione delle ore di lavoro straordinario, salvo limitate eccezioni, non spetta. Questo secondo l'orientamento giurisprudenziale attualmente prevalente. E' tuttavia attesa sulla questione una pronuncia della Corte di Cassazione che potrebbe esprimersi diversamente.


Sulla questione della retribuzione del lavoro  prestato dai dirigenti medici in eccedenza rispetto al normale orario di lavoro (38 ore settimanali) lo stato della giurisprudenza è, in sostanza, il seguente:
1 - sussiste il diritto alla retribuzione "nel caso in cui la durata della prestazione lavorativa ecceda i limiti della ragionevolezza in rapporto alla tutela, costituzionalmente garantita, del diritto alla salute" (Cass. Sez. Unite n. 9146/2009);
2 - sussiste il diritto alla retribuzione anche quando l'eccedenza oraria deriva dallo svolgimento di servizi di guardia o di pronta disponibilità perchè con riferimento a questi specifici casi la contrattazione collettiva  lo prevede espressamente (Trib. Firenze sez. lavoro n. 57/2013);
3 - al di fuori dei suddetti casi, per regola generale, non sussiste alcun diritto alla retribuzione dello straordinario atteso che "la retribuzione di risultato viene a compensare l'eventuale straordinario prestato" e, quindi, in ragione del principio di "omnicomprensività del trattamento globale attribuito al dirigente rispetto ai vincoli di orario pur attribuiti dalla contrattazione di settore" (Corte di Appello di Firenze Sez. lavoro  12 gennaio 2010).
Si deve tuttavia considerare che quest'ultima pronuncia della Corte di Appello di Firenze contrasta con la decisione assunta dal Giudice di primo grado sulla medesima vicenda (il Giudice del Lavoro di Firenze, infatti, aveva precedentemente riconosciuto il diritto del medico alla retribuzione delle 1586 ore di straordinario accumulate prima di andare in pensione), ma, soprattutto, che il medesimo caso è stato rimesso al giudizio della Corte di Cassazione
Si resta, pertanto, in attesa che quest'ultima si prnunci sulla questione.




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mercoledì 20 febbraio 2013

SANITA' PRIVATA: MEDICI, PROVA DELLA SUBORDINAZIONE

Rapporto di lavoro dei medici all'interno di cliniche private: quando il rapporto deve ritenersi subordinato anzichè autonomo ?

La natura subordinata anzichè autonoma di qualsiasi rapporto di lavoro,  in base ad un principio di diritto assolutamente pacifico, non dipende dalla qualificazione formale che ne è data dal contratto bensì dal concreto atteggiarsi del rapporto.
E, quindi, chiunque ritenga di essere di fatto un lavoratore subordinato, nonostante formalmente sia qualificato come lavoratore autonomo, può dimostrare in giudizio l'effettiva natura della propria posizione lavorativa e conseguire il relativo trattamento economico-giuridico (generalmente più favorevole anche sotto il profilo previdenziale).
Ma quali sono in concreto gli elementi di fatto che, ove dimostrati in giudizio, consentono di conseguire l'accertamento della subordinazione?
Con particolare riferimento alla professione medica esercitata all'interno di strutture sanitarie private la giurisprudenza è divisa: parte di essa (cfr. Cass. n. 10043/2004; Cass. n. 13858/2009) ritiene sufficiente che sia  provata l'effettiva soggezione ad un potere organizzativo (e, quindi, è stato ritenuto subordinato il rapporto di medici all'interno di cliniche private per il solo fatto che erano inseriti in turni di servizio predisposti autoritativamente dallle cliniche stesse e che la fruizione delle ferie era subordinata alla pianificazione aziendale); altra parte della giurisprudenza, invece, ritiene che ciò non basti e che sia necessario accertare l'esercizio da parte delle amministrazioni delle cliniche di un potere conformativo sul contenuto della prestazione medica e, quindi, in altri termini, il carattere interamente predeterminato, da parte della direzione sanitaria, del contenuto delle prestazioni materialmente poste in essere dai medici (cfr. Cass. n. 14573/2012; Cass. n. 3471/2003).


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venerdì 8 febbraio 2013

CONTRATTO DI VIAGGIO: QUANDO DEVE RITENERSI CONCLUSO?

L'acquisto di un viaggio organizzato è stato ritenuto concluso al momento in cui è giunta presso l'agenzia di viaggi la richiesta di "prenotazione" inoltrata via e-mail dal tutista-consumatore.

Costituiscono dati di comune esperienza per gli operatori del settore:
- che spesso alle agenzie di viaggi le richieste di prenotazione di un viaggio organizzato da un tour operator giungono tramite e-mail;
- e che, tuttavia, altrettanto frequentemente nelle condizioni generali di vendita riportate nei cataloghi dei tour operators è espressamente previsto che la prenotazione debba essere redatta su apposito modulo contrattuale, e che il contratto di compravendita si intende perfezionato solo nel momento in cui presso l'agenzia di viaggi giunge l'accettazione della prenotazione da parte dell'organizzatore del viaggio.
Come si coniuga il primo dato con il secondo?
Una risposta è stata data dalla Corte di Appello di Firenze (sentenza pubblicata in data 16.02.2012, confermativa della sentenza del Tribunale di Firenze n. 1378/2006) che è stata chiamata a pronunciarsi sul seguente specifico caso: una signora si è recata presso una nota agenzia di viaggi di Firenze ed ha preso visione ed informazioni su un catalogo di viaggi organizzati da altrettanto noto tour operator; il catalogo in questione riportava le condizioni generali le quali contenevano la tipica clausola di cui si è detto; successivamente la signora invia una e-mail alla agenzia con cui chiede di "voler provvedere  a suo nome ad effettuare la prenotazione" del viaggio scelto sul catalogo; l'agenzia di viaggi dopo aver informato la signora, sempre via e-mail, della penalità da pagare in caso di disdetta successiva alla prenotazione, procede ad effettuare la prenotazione richiesta; pochi giorni prima della data prevista per la partenza la signora comunica di non poter più partire per motivi personali; l'agenzia si trova dunque costretta ad anticipare la penale al tour operator, dopodichè fa causa alla signora per avere la restituzione di tale importo.
Ebbene, il Tribunale prima, e la Corte di appello poi, hanno ritenuto che l'agenzia avesse il pieno diritto alla restituzione da parte della signora della somma corrisposta al tour operator a titolo di penale perchè doveva ritenersi che le parti avessero voluto derogare a quanto previsto nelle condizioni generali di vendita in ordine alle modalità di perfezionamento del contratto.
Dunque, secondo le pronunce richiamate, perchè si perfezioni un contratto di compravendita di un viaggio è sufficiente che giunga presso l'agenzia di viaggi una richiesta anche via e-mail, e ciò anche nel caso in cui le condizioni generali di vendita pubblicizzate dal tour operator dispongano ben altre formalità.

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martedì 5 febbraio 2013

RISARCIMENTO DANNO DA VACANZA ROVINATA: NON OCCORRE PROVA

Risarcimento danni da vacanza rovinata:  non occorre darne prova in giudizio, ma il danno non deve essere minimo (mero disagio o fastidio)

Con una recente pronuncia la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di risarcimento del danno da vacanza rovinata.
La sentenza cui si compie riferimento è la n. 7256 dell'11 maggio 2012.
La Suprema Corte, innanzitutto, ribadisce che il cosiddetto "danno da vacanza rovinata" consiste nel "pregiudizio conseguente alla lesione dell'interesse del turista di godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere e di riposo".
Dopodichè, per quanto più rileva, enuncia i seguenti principio di diritto:
1 - tale danno per essere risarcibile deve superare "una soglia minima di tollerabilità":
"la richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, avuto presente la causa in concreto del contratto, contrasterebbe con i principi di correttezza e buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi contrattualmente pattuiti, e costituirebbe un abuso, in danno del debitore, della tutela accordata al consumatore/creditore";
2 - ma, per conseguire il risarcimento non è necessario darne specifica prova in giudizio:
"... peculiarità del contratto di pacchetto turistico, la cui causa è connotata dall'esclusivo perseguimento di interessi non patrimoniali, al contrario della generalità dei contratti nei quali gli interessi non patrimoniali possono solo essere inseriti ...
Ne consegue che, in tema di danno non patrimoniale "da vacanza rovinata" inteso come disagio psicofisico conseguente alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza programmata, la raggiunta prova dell'inadempimento esaurisce in sè la prova anche del verificarsi del danno, atteso che gli stati psichici interiori dell'attore, per un verso, non possono formare oggetto di prova diretta e, per altro verso, sono desumibili dalla mancata realizzazione della "finaità turistica" (che qualifica il contratto) e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle diverse attività e dei diversi servizi, in ragione della loro essenzialità alla realizzazione dello scopo vacanziero".


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RISARCIMENTO DANNO DA VACANZA ROVINATA PER GRAVE RITARDO AEREO

Risarcimento del danno da vacanza rovinata e mero ritardo aereo, dove sta il confine?

Segnalo un caso interessante in cui il risarcimento del danno da vacanza rovinata è stato riconosciuto in ragione dello slittamento di due giorni del volo aereo di ritorno.
La vicenda è stata la seguente: una famiglia ha acquistato presso una agenzia di viaggi un pacchetto turistico comprensivo di soggiorno di una settimana alle Mauritius e di volo aereo andata/ritorno; il volo di ritorno viene programmato per il 31 dicembre 2007 con arrivo a Roma Fiumicino; per la stessa data è prenotata una cena presso un ristorante romano al fine di festeggiare con amici la sera dell'ultimo dell'anno; per un asserito guasto aereo il rientro viene posticipato al 1 gennaio 2008 con arrivo a Fiumicino il 2 gennaio alle ore 12,35.
Ebbene, con riferimento al caso di specie, il Tribunale di Grosseto, con sentenza n. 686 del 19 giugno 2012, ha ritenuto che il ritardo aereo fosse talmente grave da generare il diritto all'integrale risarcimento del danno non patrimoniale conseguentemente patito:
"... nella fattispecie il ritardo aereo di quasi due giorni, va indubbiamente a toccare aspetti della personalità tali da incidere sulla stessa integrità psico-fisica costituzionalmente tutelata. In tale prospettiva va considerato il diritto di chi sia costretto a trascorrere, senza preavviso alcuno, la sera dell'ultimo dell'anno ed il primo giorno dell'anno tra attese in aereoporto e albergo di fortuna.
Data la peculiarità del periodo dell'anno ed il prolungamento del ritardo per quasi due giorni, nella fattispecie non si è infatti trattato di un mero ritardo o contrattempo di voli e scali, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto essendo da ritenersi il pregiudizio subito non futile e superato il livello di tollerabilità imposto dalla compagine della convivenza sociale".


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venerdì 25 gennaio 2013

SVILUPPO TURISMO: PIANO STRATEGICO 2013

Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo in Italia fino al 2020 presentato dal Ministro per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport in data 18 gennaio 2013

In data 18 gennaio 2013 il Ministro per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, Piero Gnudi, ha presentato in Consiglio dei Ministri un Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo in Italia fino al 2020.
La premessa di tale Piano è che, siccome"negli ultimi dieci anni uno dei settori economici che ha avuto la crescita maggiore a livello mondiale è il turismo", e siccome "il contributo del turismo al prodotto interno lordo dell'Italia ammonta ad oltre 130 miliardi di euro (circa il 9% della produzione nazionale)", è giunto il momento di "considerare i turismo come una grande opportunità per il Paese".
Segue una approfondita analisi economica del settore in cui si mette in evidenza, tra l'altro, che:
- "Il turismo internazionale sta attraversando un trend di crescita deciso, costante e di lungo periodo. Questa evidenza è in atto già a partire dal 1980 e si attende che la crescita sarà sostenuta anche nel prossimo ventennio";
- "Il turismo costituisce l'unico settore dove l'Italia ha un vantaggio competitivo forte e durevole nel tempo";
- "Per il periodo 2010-2020 la crescita attesa del turismo internazionale nel mercato di riferimento dell'Italia è pari al 2,9% annuo in termini di numero di viaggiatori e pari al 4,8% annuo in termini di spesa. E'' rilevante osservare come circa la metà di questa crescita in termini di spesa dovrebbe riguardare i viaggiatori a medio-lungo raggio e quindi dalle geografie emergenti (in particolare dai Paesi BRIC e del Golfo)";
- "L'Italia è solo terza nel suo bacino di riferimento, con una quota di mercato dei viaggiatori internazionali pari all'11% (a cui corrispondono circa 44 milioni di viaggiatori), dietro a Francia (quota del 19%) e Spagna (quota del 13%)";
- "... il prodotto turistico di maggiore attrazione per gli stranieri sono le città d'arte, vero e proprio magnete globale dell'offerta turistica italiana";
- "... cinque Regioni (Veneto, Trentino, Alto Adige, Toscana e Lombardia) sviluppano da sole circa il 70% delle notti straniere. Questo dipende dal fatto che tali Regioni offrono i prodott più forti del nostro Paese: le quattro Città Top (Roma, Venezia, Firenze e Milano), il lago di Garda e le Dolomiti";
- "il prodotto mare dell'Italia è in forte crisi per la scarsa attrattività che questo nutre verso il turismo internazionale".
Il Piano prosegue, poi, illustrando quelle che sono le criticità del settore turismo.
In particolare: la mancanza di una governance centrale e forte; inadeguatezza di molte strutture ricettive (troppo piccole e/o obsolete); disomogeneità tra i sistemi di rating degli hotel; debolezza sul piano delle infrastrutture; calo della professionalità degli operatori del settore.
Infine, vengono illustrate le azioni che si intende intraprendere per lo sviluppo del turismo stimando che possano tradursi in "circa 30 miliardi di euro di incremento del PIL e in 500.000 nuovi posti di lavoro entro il 2020".
A mero titolo esemplificativo, si indicano le seguenti azioni strategiche:
- "modificare il titolo V della Costituzione facendo rientrare il Turismo tra le materie a legislazione concorrente tra Stato e Regioni/Province Autonome";
- "istituire un Ministero del Turismo con portafoglio";
- "estendere la mission dell'Agenzia Nazionale del Turismo alla promo-commercializzazione in raccordo con le Regioni";
- "migliorare il flusso turistico nelle 4 Città Top sostenendo la creazione e promozione di un calendario di eventi che dia ragioni al turista per visitare una località durante l'arco dell'anno; e valutando la possibilità di introdurre misure volte al contenimento selettivo dei flussi in determinate località (ad es. soglia di visitatori massima con ticket all'ingresso)";
- "rafforzare gli itinerari dello shopping (focus su 4 Città Top e aree limitrofe)";
- "incentivare l'aggregazione ed il consolidamento delle strutture turistiche";
- "supportare la riqualifica del ricettivo concedendo la possibilità di rottamare le strutture";
- "colmare il gap di collegamento su Firenze per europei corto raggio: non ci sono voli diretti e i tempi di trasferimento da aereoporti vicini sono troppo elevati per un weekend (potenziare collegamento con Bologna, grazie all'alta velocità)";
- "burocrazia zero per le uove imprese nel settore turistico".




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venerdì 18 gennaio 2013

DIPENDENTI PUBBLICI: DIRITTO AL MANTENIMENTO DEL TRATTAMENTO ECONOMICO

Dipendenti della Pubblica Amministrazione: diritto dei lavoratori al mantenimento del trattamento economico

Capita più frequentemente di quanto si potrebbe immaginare che la Pubblica Amministrazione maturi il convincimento di aver erogato ai propri dipendenti somme maggiori di quelle dovute in base ad una asseritamente corretta lettura dei contratti collettivi, e che la stessa smetta di erogare elementi retributivi precedentemente erogati o, addirittura, proceda al recupero dal maggior importo indebitamente corrisposto in precedenza, generalmente operando delle trattenute nelle buste paga successive.
Ma è legittimo?
Una recente pronuncia del Giudice del Lavoro di Siena (pubblicata in data 13 gennaio 2012) ha ritenuto di no.
Il caso posto all'attenzione del Giudice aveva ad oggetto l'inattesa sospensione del trattamento economico integrativo disposta dall'Università degli Studi di Siena nei confronti di alcuni suoi dipendenti, in ragione della riscontrata assenza di copertura finanziaria, sorprendentemente emersa solo dopo che, per diversi anni, tale trattamento era stato costantemente corrisposto.
Ebbene, la sentenza citata, innanzitutto, ha ribadito il principio, abbastanza consolidato in giurisprudenza, secondo il quale, in casi del genere, la Pubblica Amministrazione non ha un potere di autotutela e, quindi, non può agire in via diretta, unilaterale e coercitiva, bensì è tenuta, prima di sospendere la corresponsione del trattamento economico ritenuto non dovuto, o di procedere al recupero delle somme che ritiene di aver indebitamente corrisposto in passato, ad ottenere presso l'autorità giudiziaria competente un accertamento dell'effettiva nullità delle clausole contrattuali in applicazione delle quali dette somme in precedenza sono state erogate.
E, dunque, in sostanza, tanto per cominciare ha ritenuto illegittimo qualsiasi modus operandi che ometta un preventivo accertamento in sede giudiziale.
Dopodichè, ha ritenuto che la sospensione del trattamento economico integrativo fosse addirittura in sè e per sè infondata, senza che potesse attribuirsi alcun rilievo al fatto, peraltro pacifico nel caso di specie, della nullità delle norme contrattuali contenenti la previsione del medesimo trattamento economico.
In altri termini, pur essendo pacifica la nullità del contratto integrativo fondante il trattamento economico corrisposto, il Giudice ha comunque ritenuto che i lavoratori avessero il diritto al mantenimento del medesimo trattamento, pena una violazione del principio di buona fede e di affidamento incolpevole, del principio di irriducibilità del trattamento economico in godimento, nonchè del principio in forza del quale nemmeno la nullità dello stesso contratto di lavoro produce effetto per il periodo in cui il rapporto lavorativo ha avuto esecuzione.

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sabato 12 gennaio 2013

RESPONSABILITA' TOUR OPERATOR E AGENZIA VIAGGI

Acquisto di un pacchetto turistico: assunzione da parte sia dell'organizzatore del viaggio che del venditore di una obbligazione di risultato - organizzatore e venditore sono responsabili dei danni causati al turista da terzi cui si siano affidati per l'esecuzione dei servizi inclusi nel pacchetto

Qual è la responsabilità che si assumono l'organizzatore ed il venditore di un pacchetto turistico? E, in particolare, se il turista/viaggiatore riporta un danno per un comportamento colposo di uno dei soggetti terzi cui è stato affidato il compito di eseguire materialmente un servizio incluso nel pacchetto, l'organizzatore ed il venditore ne rispondono?
Sono questi i quesiti cui ha risposto recentissimamente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22619 del 11 dicembre 2012, con riferimento al seguente caso concreto: una donna acquista presso una agenzia di viaggi un pacchetto turistico, organizzato da un noto tour operator, avente come destinazione l'India; l'aereo che avrebbe dovuto compiere il trasferimento interno da Udaipur a Nuova Delhi, a causa della nebbia, è costretto ad atterrare a Jaipur; il tour operator offre la scelta fra un pernottamento a Jaipur o un immediato trasferimento alla destinazione programmata (Nuova Delhi) in taxi; la viaggiatrice sceglie questa seconda opzione; il viaggio in taxi si rivela però un'autentica disavventura perchè le condizioni meteo non sono buone ed il guidatore è piuttosto spericolato, tanto che alla fine si verifica un incidente e la turista riporta dei danni.
Il caso, dunque, è emblematicamente quello di danni riportati da un viaggiatore a causa di un comportamento colposo del soggetto cui l'organizzatore del pacchetto turistico ha affidato l'esecuzione del servizio (nella fattispecie il servizio di trasferimento in taxi).
Ebbene, con riferimento a casi quale quello in oggetto, la Corte ha enunciato i seguenti principi di diritto:
"... l'organizzatore ed il venditore di pacchetti turistici, la cui rispettiva obbligazione è senz'altro di risultato (vedi Cass. 3.12.2009 n. 25396; Cass. 9.11.2004 n. 21343) sono tenuti all'adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura della rispettiva attività esercitata, volto all'adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell'interesse creditorio del turista-consumatore di pacchetti turistici, nonchè ad evitare possibili eventi dannosi.
In caso di mancato o inesatto adempimento delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico o package, sono pertanto tenuti a dare la prova che il risultato anomalo o anormale rispetto al convenuto esito della propria prestazione professionale, e quindi dello scostamento da una legge di regolarità causale fondata sull'esperienza, dipende da fatto ad essi non imputabile, in quanto non ascrivibile alla condotta mantenuta in conformità alla diligenza dovuta, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreo.".
Ed ancora:
"... l'organizzatore ed il venditore di pacchetti turistici sono tenuti a risarcire qualsiasi danno subito dal consumatore a causa della fruizione del pacchetto turistico, anche se la responsabilità sia ascrivibile esclusivamente ad altro prestatore di servizi, salvo il diritto di rivalersi nei confronti di costui ...".

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venerdì 11 gennaio 2013

CONCORSI: PUO' IMPUGNARE IL BANDO SOLO CHI HA PRESENTATO DOMANDA

Concorsi pubblici: quando il bando contiene una clausola di per sè ostativa alla partecipazione dell'interessato questi, per radicare il proprio interesse all'eventuale successiva impugnazione, ha comunque l'onere di presentare la domanda di partecipazione

Poniamo il caso che una Pubblica Amministrazione bandisca un concorso pubblico per nuove assunzioni, e poniamo, altresì, che il bando contenga una clausola che, di per sè, sia ostativa alla partecipazione dell'interessato (ad esempio: è prevista la possibilità di partecipare solo per coloro che non abbiano superato un certo limite massimo di età, come frequentemente accade nelle assunzioni presso le forze armate, e l'interessato invece l'ha già superato), quest'ultimo, se non vuole precludersi la possibilità di impugnare il bando, come si deve comportare? Deve comunque presentare domanda di partecipazione nei modi e termini indicati, ed attendere l'inevitabile comunicazione di esplicita esclusione? Oppure, può farne a meno.
Capita frequentemente che, in casi del genere, il comune buon senso induca gli interessati a ritenere superflua la presentazione della domanda di partecipazione, tuttavia, così non è per la giurisprudenza prevalente, cosicchè spesso per questo motivo si perde la possibilità di impugnare il bando con evidente grande rammarico.
Infatti, premesso che ai sensi dell'art. 63 del D. Lgs. n. 165/2001 (Testo Unico sul lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), tutte le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono devolute alla giurisdizione dei Giudici Amministrativi (Tar e Consiglio di Stato), secondo il fermo orientamento di tali Giudici "la presentazione della domanda è un atto normalmente necessario per radicare l'interesse alla impugnazione del bando" (cfr. Cons. di Stato Sez. V, 21 novembre 2011 n. 6135; Cons. di Stato sez. VI, 18 settembre 2009 n. 5626).
Dunque, a fronte di un bando di concorso contenente una clausola di per sè ostativa alla partecipazione dell'interessato, quest'ultimo ha comunque l'onere di presentare la domanda di partecipazione nei tempi e nei modi indicati dal medesimo bando, e di farsi escludere esplicitamente dall'amministrazione, altrimenti, qualora successivamente presentasse ricorso per impugnare il bando, con ogni probabilità, se lo vedrebbe dichiarare inammissibile per carenza di interesse.

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mercoledì 9 gennaio 2013

DIRITTO ALLA RESTITUZIONE DEL PREZZO DEL VIAGGIO


Acquisto di un pacchetto turistico "tutto compreso" o "all inclusive": impossibilità oggettiva sopravvenuta, non imputabile all'acquirente, della finalità turistica perseguita (quale che sia: culturale o di svago/relax) - risoluzione del contratto con obbligo di restituzione del prezzo da parte del venditore (tour operator o agenzia di viaggi) 

I motivi che inducono a viaggiare sono, come tutti sanno, i più diversi.
A mero titolo di esempio: il desiderio di allontanarsi dall'ambiente di lavoro, di riposarsi, di fare esperienze di carattere culturale o di altra natura, di dimenticare un dispiacere, di superare la rottura di una relazone affettiva, etc. ...
Ebbene, è pacifico che tutti questi motivi sono del tutto irrilevanti sul piano giuridico e, dunque, in alcun modo incidono sul contenuto e gli effetti di un contratto di viaggio.
E quindi, ad esempio, se una persona si determina ad acquistare un viaggio ad esempio per dimenticare la recente rottura con il fidanzato e, poi, prima della partenza, si riconcilia con il fidanzato e non ha più alcun interesse a partire, non potrà per ciò solo avere diritto alla risoluzione del contratto con restituzione del prezzo già corrisposto.
Quale che sia il motivo che induce una persona all'acquisto di un viaggio, la stessa persegue però sempre e comunque una finalità turistica, ovvero di svago/relax oppure di carattere culturale in senso ampio, e tale finalità, a differenze dei motivi suddetti, è invece tutt'altro che irrilevante sul piano giuridico.
Infatti, secondo l'orientamento giurisprudenziale che si va consolidando, la specifica finalità turistica perseguita al momento dell'acquisto di un pacchetto turistico "tutto compreso", quale ad esempio la voglia di rilassarsi, oppure quella di fare immersioni subacquee, entra a far parte della stessa causa del contratto di viaggio, cosicchè, qualora tale finalità, prima della partenza, divenga oggettivamente impossibile  per causa non imputabile al venditore, quest'ultimo deve ritenersi tenuto alla restituzione del prezzo in virtù della risoluzione del contratto.
La prima sentenza che ha affermato tale principio di diritto è stata la n. 16315 del 24 luglio 2007 della Suprema Corte di Cassazione con riferimento al seguente caso: due uomini avevano acquistato presso una agenzia di viaggi un pacchetto turistico "tutto compreso" avente ad oggetto  un soggiorno presso l'isola di Cuba; una volta concluso il contratto di viaggio e pagato il prezzo, ma prima della partenza, giunge la notizia della presenza nell'isola di Cuba di un focolaio endemico non ancora debellato di una malattia infettiva potenzialmente letale (dengue emorragico); la preoccupazione per la presenza di tale epidemia induce gli acquirenti a non partire.
In questo caso, appunto, la Corte ha ritenuto che, per motivi oggettivi sopravvenuti ed in alcun modo imputabili al venditore, fosse diventato impossibile per gli acquirenti conseguire la finalità turistica che li aveva determinati ad acquistare il viaggio, ovvero passare due settimane in assoluto relax, stante la inevitabile ed immanente preoccupazione legata alla diffusine di detta grave malattia.
Lo stesso principio è poi stato ribadito dalla stessa Corte con riferimento al seguente altro caso (sent. n. 4372 del 20 marzo 2012): una coppia aveva acquistato presso una agenzia di viaggi un pacchetto turistico "tutto compreso", avente ad oggetto un soggiorno presso l'isola di Creta, comprensivo della possibilità di fare immersioni subacquee; una volta concluso il contratto di viaggio e pagato il prezzo, ma prima della partenza, giunge la notizia che le Autorità dell'isola hanno vietato la possibilità di fare immersioni fino a data successiva a quella prevista per il rientro nel viaggio in oggetto; gli acquirenti rinunciano a partire perchè la possibilità di fare immersioni era ciò che li aveva determinati a comprare il pacchetto.
Anche in questo caso agli acquirenti è stato riconosciuto il diritto alla restituzione del prezzo perchè il sopravvenuto divieto di immersioni è stato rienuto oggettivamente impeditivo della specifica finalità turistica da loro ab initio perseguita.  
Benche' la giurisprudenza richiamata abbia riconosciuto in simili casi il diritto degli acquirenti alla restituzione del prezzo già corrisposto, tuttavia, ha anche costantemente osservato che tale diritto è subordinato al fatto che gli acquirenti, in ossequio al generale principio di correttezza contrattuale, abbiano dato tempestivo avviso al venditore di non avere più interesse alla prestazione, pena, altrimenti, l'obbligo di risarcire al venditore gli eventuali danni subiti.

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RESPONSABILITA' AGENZIA VIAGGI PER CAMBI DI PROGRAMMA

Acquisto di un pacchetto turistico comprensivo di volo intercontinentale - modifica dell'aereoporto di destinazione in andata a causa di maltempo (passaggio di uragano) - esclusa responsabilità agenzia di viaggi

Può capitare che, in ragione di imprevedibili condizioni di maltempo, a ridosso della partenza per un viaggio, l'agenzia debba proporre ai clienti soluzioni alternative rispetto agli accordi già presi.
Ad esempio, nel caso preso in esame dal Tribunale di Milano con sentenza n. 2283 del 17 febbraio 2011, si trattava di una coppia che aveva acquistato un pacchetto turistico in agenzia di viaggi comprensivo del volo intercontinentale per Cuba; che aveva scelto, come aereoporto di destinazione all'andata, l'aereoporto di Cayo Largo; e che, prima della partenza, si era vista comunicare dall'agenzia la necesità di preferire come aereoporto di destinazione quello di Holguin (sempre sull'isola di Cuba), in ragione del possibile passaggio nella zona di Cayo Largo dell'uragano "Michelle".
Con la sentenza citata, il Tribunale di Milano ha dunque dovuto decidere se, a fronte di una simile proposta di modifica del contratto di viaggio già concluso, gli acquirenti/viaggiatori abbiano o meno il diritto di rifiutarla, e di chiedere la restituzione del prezzo già corrisposto alla agenzia di viaggi.
Nella fattispecie, la sussistenza di tale diritto è stata esclusa con la seguente motivazione:
"La variazione proposta dalla convenuta non incide su un elemento significativo del viaggio non comportando una sostanziale variazione sul programma del viaggio.
Infatti, la variazione proposta comporta solo una modifica nel viaggio per raggiungere la località prescelta con lo spostamento dell'aereoporto di destinazione e trasferimento da lì alla località prescelta via superficiale e può cagionare solamente un aumento della durata del viaggio di alcune ore.
L'aumento della durata del viaggio di alcune ore ed il corrispondente ritardato arrivo a destinazione non è certamente significativa e non determina modifiche significative di elementi essenziali del viaggio lasciando pressochè inalterata la durata del soggiorno (una variazione di alcune ore su una settimana non può certo ritenersi significativa), e non comporta modifiche agli altri elementi essenziali del viaggio.
Si deve anche rilevare che la variazione è stata determinata da un evento imprevedibile al momento della conclusione del contratto e totalmente indipendente dalla volontà umana quale è appunto l'uragano.
La modifica dell'aereoporto di destinazione non costituisce una variazione significativa del contratto in quanto non può aver pregiudicato il godimento di quanto contrattualmente previsto. Infatti, l'arrivo in un diverso aereoporto, comunque sempre nell'isola di Cuba,  avrebbe comportato per gli attori un allungamento del tempo del trasporto di meno di dieci ore che per un trasferimento intercontinentale non costituisce variazione significativa non determinando un'apprezabile riduzione e/o modifica della prestazione oggetto del contratto (soggiorno di 7 notti a Cuba)".

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RISARCIMENTO DANNO DA VACANZA ROVINATA: CANCELLATO VOLO PER MALTEMPO

Acquisto di un pacchetto turistico volo + hotel - annullamento del volo da parte del vettore aereo per maltempo - danno da vacanza rovinata - responsabilità della agenzia di viaggi

Il Tribunale di Milano ha recentemente attribuito la responsabilità per la vacanza rovinata alla agenzia di viaggi con riferimento ad un caso abbastanza frequente e, quindi, particolarmente interessante (sentenza n. 14418 del 16 dicembre 2010).
Il caso è il seguente: una coppia ha acquistato in agenzia un pacchetto turistico comprensivo di volo andata/ritorno sulla tratta Milano-Parigi, e di soggiorno in hotel a Parigi per 4 notti a cavallo dell'ultimo dell'anno; il giorno stesso dell'acquisto, a poche ore di distanza, i due si presentano per l'imbarco al chek-in dell'aereoporto; il volo però viene cancellato dal vettore aereo (Air France) a causa del maltempo sullo scalo di destinazine (neve su Parigi).
Il Tribunale di Milano ha ritenuto che agli acquirenti/turisti dovessero essere riconosciuti i seguenti diritto a norma del Codice del Consumo:
"... applicabilità del dettato dell'art. 92 del Codice del Consumo che prevede specifiche garanzie e protezioni a favore del consumatore, nel caso di recesso o annullamento del servizio. In particolare il consumatore, in caso di annullamento del pacchetto turistico, ha diritto, in via alternativa, a usufruire di altro pacchetto turistico di qualità equivalente o superiore senza supplemento di prezzo, oppure di un pacchetto turistico qualitativamente inferiore previa restituzione della differenza del prezzo, oppure al rimborso, entro sette giorni lavorativi dal momento del recesso o dalla cancellazione, della somma di denaro già corrisposta.
L'art. 93 del Codice del Consumo prevede, in ogni caso, e fermi restando gli obblighi di cui all'art. 92, in caso di inesatto o mancato adempimento degli obblighi contrattuali, la responsabilità dell'organizzatore e del venditore per il risarcimento del danno patito dal viaggiatore, anche qualora l'inadempimento del tour operator sia dipeso a sua volta dall'inadempimento del prestatore di servizi di cui l'organizzatore si si avvalso nell'esecuzione del contratto di viaggio".
Ma non solo.
Il medesimo Tribunale ha ritenuto che in caso di annullamento del volo per neve, in località e in periodo dell'anno quali quelli di specie (a Parigi, a fine dicembre - inizi gennaio), non potesse esser legittimamente invocate dalla agenzia di viaggi la forza maggiore o il caso fortuito che, ai sensi dell'art. 96 del Codice del Consumo, sono idonee ad escludere la responsabilità del venditore del pacchetto turistico: "...non può considerarsi caso di forza maggiore o caso fortuito il verificarsi di una forte nevicata alla fine di dicembre nel nord della Francia in quanto ampiamente prevedibile" (tanto più che nella fattispecie il pacchetto era stato venduto poche ore prima della partenza).
La sentenza in esame ha dunque ritenuto sussistente la responsabilità della agenzia d viaggi condannandola anche al risarcimento del danno da vacanza rovinata:
"Quanto all'ulteriore somma richiesta dagli attori per il risarcimento del danno da vacanza rovinata, per giurisprudenza ormai consolidata sia di merito che di legittimità (con l'autorevole avallo della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, decisione 12 marzo 2002 n. 168) tale danno può farsi rientrare nella previsione dell'art. 92 comma 2 del D. Lgs. 206/2005; esso può essere descritto come quel pregiudizio che si sostanzia nel disagio e nella afflizione subiti dal turista-viaggiatore per non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago e/o di riposo (ex multis, Trib. Milano 4 giugno 1998, Trib. Bari 8 agosto 2000; Trib. Treviso 14 gennaio 2002; Trib. Milano 7 febbraio 2002; Trib. Napoli 26 febbraio 2003; Trib. Verbania 23 aprile 2002).
Tale voce di danno è configurata da alcuni come voce di danno patrimoniale (in considerazone del fatto che il godimento del bene "vacanza" viene considerato bene giuridico suscettibile di valutazione patrimoniale), da altri come voce di danno non patrimoniale.
La risarcibilità del danno da vacanza rovinata, configurato come danno non patrimoniale, si fonda sul combinato disposto dell'art. 2059 c.c. e dell'art. 92 comma 2 del Codice del Consumo, secondo il quale il consumatore, in caso di annulamento del pacchetto di viaggio senza colpa da parte del consumatore, ha diritto, oltre alla restituzione della somma, o, in alternativa, all'offerta di una prestazione equivalente da parte del tour operator, al risarcimento di ogni ulteriore danno dipendente dalla mancata esecuzione del contratto".

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